Il prossimo 3 giugno al Parlamento Europeo si parlerà di pelle e deforestazione. Cotance e UNIC – Concerie Italiane hanno organizzato un workshop dal titolo “EUDR: La pelle è un fattore di deforestazione? – Portiamo i fatti al Parlamento Europeo”. Un’occasione importante per ribadire ancora una volta che l’industria conciaria non è un driver della deforestazione e che l’inclusione della pelle nella lista dei prodotti soggetti al Regolamento anti Deforestazione rappresenta un macroscopico errore.
L’iniziativa, come segnala UNIC, si svolgerà dalle 16 alle 17.30 ed è “promossa dall’eurodeputato Salvatore De Meo (PPE, Italia) in collaborazione con i rappresentanti dell’industria europea della pelle”. Sul tavolo ci saranno “i risultati dello studio condotto dalla Scuola Superiore Sant’Anna (Università di Pisa), sull’impatto dell’EUDR sulla filiera pelli europea da un punto di vista economico, sociale ed ambientale”.
Al workshop interverranno Manuel Rios (presidente Cotance), Fulvia Bacchi (direttore UNIC) e Gustavo Gonzalez-Quijano (segretario generale Cotance).
Come più volte ricordato, il settore conciario ha molte buone ragioni per sostenere l’esclusione della sua materia prima dal regolamento anti Deforestazione perché, essendo la pelle un sottoprodotto dell’industria della carne, essa non rappresenta affatto un driver dell’allevamento animale e di conseguenza nemmeno della deforestazione.
APLF ASEAN, la piattaforma B2B più importante del Sud-Est asiatico per l’approvvigionamento di pelli, materiali e tecnologie, si avvia alla sua terza edizione a Ho Chi Minh City, in Vietnam, dal 13 al 15 novembre 2025. Dopo due edizioni di successo a Bangkok, l’APLF ASEAN continua ad affermarsi come l’evento più orientato al business della regione per la catena di fornitura manifatturiera.
Forte di un’esperienza decennale nell’organizzazione di fiere internazionali della pelle a Hong Kong, APLF ASEAN nasce con l’obiettivo di mettere in contatto i fornitori internazionali con la rete di sourcing industriale del Sud-Est asiatico.
In una regione in cui i produttori fanno grande affidamento su materiali e componenti importati per alimentare le esportazioni di calzature, pelletteria e mobili, APLF ASEAN si distingue per offrire un’esperienza fieristica curata e orientata al business. L’evento si rivolge esclusivamente ai produttori di calzature, pelletteria, abbigliamento e mobili, con un formato espositivo unico.
Una fiera costruita intorno al concetto di M.E.E.T.
La strategia di APLF ASEAN è imperniata sul concetto M.E.E.T. che definisce il percorso dei visitatori e degli espositori:
– M come MATCHING: incontri d’affari tra fornitori e professionisti qualificati del sourcing, che consentono connessioni B2B dirette e di alto valore.
– E come ESPERIENZA: zone dedicate per presentare le tendenze della pelle e le innovazioni dei materiali in un ambiente curato e progettato per l’interazione e la scoperta.
– E come EDUCAZIONE: una piattaforma per gli esperti e gli innovatori del settore per condividere le intuizioni e le innovazioni del mercato attraverso seminari e sessioni tecniche.
– T come TRADESHOW: un evento dal formato snello e mirato, che offre un coinvolgimento di alta qualità, adatto al sourcing industriale.
“Gli espositori e i buyers meritano una migliorata esperienza di sourcing nella regione e ci auguriamo che APLF ASEAN possa contribuire a fornire un ambiente mirato e ad alto rendimento”, ha dichiarato Janice Lee, direttore di APLF. “Il nostro obiettivo è quello di creare una fiera che favorisca connessioni significative tra i fornitori e gli acquirenti giusti, stabilendo al contempo un nuovo punto di riferimento per le fiere della pelle e dei materiali in Vietnam”.
Domanda di pelle in Vietnam
In media, il Vietnam importa oltre 500 milioni di piedi quadrati di pelle all’anno. Questa pelle viene importata da Paesi come Italia, India, Brasile e Stati Uniti, con la Cina come principale fornitore di componenti per la produzione di calzature.
Circa il 60% delle pelli importate è destinato alla produzione di calzature con tomaie in pelle, mentre il resto viene utilizzato per la produzione di articoli di pelletteria, accessori, borse e capi d’abbigliamento e per i settori emergenti e in crescita dell’industria automobilistica e del rivestimento di mobili.
Una piattaforma strategica per la supply chain globale
Con l’evoluzione delle dinamiche commerciali globali e l’aumento delle tariffe doganali che incoraggiano la diversificazione dell’offerta, il Vietnam ha consolidato la sua posizione di hub produttivo strategico, soprattutto per quanto riguarda calzature, accessori moda, borse e mobili. Secondo le previsioni, il mercato vietnamita della pelle dovrebbe crescere del 6-8% all’anno dal 2024 al 2030. Con questo slancio, APLF ASEAN offre ai fornitori internazionali la porta d’accesso ideale al Sud-Est asiatico. Come evento di sourcing professionale e di alta qualità, APLF ASEAN offre ciò che i produttori della regione meritano: un nuovo standard per la fiera della pelle e dei materiali in Vietnam.
Quanto il mondo del lavoro incontra la scuola i benefici superano sempre gli sforzi, da ambedue le parti. Si è felicemente conclusa la quarta edizione del progetto formativo FGL Academy. Dal 5 al 22 maggio 2025 un team di professionisti dell’azienda chimica FGL International, da venti anni a servizio del settore conciario, si è messo a disposizione dell’Istituto Tecnico Tecnologico Economico Galileo Galilei di Arzignano per un corso intensivo sui bisfenoli.
Un’opportunità molto preziosa per studenti e studentesse, quella di poter attingere direttamente dalle conoscenze e dall’esperienza sul campo di chi ogni giorno lavora nel mondo della chimica conciaria con competenza e passione.
Il programma ha preso avvio con un intervento della Dott.ssa Franca Nuti sulle “Metodiche analitiche e i Capitolati della filiera conciaria” rivolto alle classi quinte, ed è poi proseguito coinvolgendo le classi quarte in una serie di incontri che hanno spaziato dalla teoria alle applicazioni pratiche, fino alle analisi di laboratorio.
Il progetto formativo quest’anno era dedicato a “BISFENOLI E INDUSTRIA CONCIARIA: DALLA TEORIA ALLA PRATICA. Determinazione dei Bisfenoli nel Cuoio con Tecnologia HPLC”. Un percorso di lezioni condotte dai professionisti dell’azienda – Giacomo Giacomelli, Serena Matteoli, Stefano Brea e Davide Vigolo – con il coordinamento e il supporto della docente Prof.ssa Laura Iannone.
Il corso ha riscontrato grande interesse e si è quindi rinnovato con successo l’obiettivo dell’iniziativa: quello di dare un’informazione a 360 gradi a chi studia chimica conciaria, rendere i ragazzi partecipi in esperienze reali in questo settore, per prepararli con un occhio critico al lavoro che affronteranno nel loro futuro lavorativo.
FGL International, parte della holding Lapi Group, ha dimostrato ancora una volta l’importanza di investire nella formazione delle nuove generazioni, condividendo le proprie competenze e soluzioni tecniche innovative.
Il corpo insegnanti della FGL Academy con Francesco Lapi (secondo da destra), presidente di FGL InternationalAlcuni studenti dell’ITTE Galilei di Arzignano che hanno partecipato alla FGL Academy 2025Giacomo Giacomelli durante una lezione
Tecnologia, sostenibilità e design si sono incontrati alla Milano Design Week 2025 durante il talk “Walk Wise”, moderato da Matteo Pasca, direttore di Arsutoria Studio e Arsutoria School. Il panel, tenutosi all’Isola Basic Village, ha esplorato il modo in cui l’industria calzaturiera sta ripensando i materiali, i processi e la costruzione di una scarpa per ridurre il proprio impatto ambientale, in particolare quando si tratta di soluzioni per il fine vita delle scarpe.
Pasca ha aperto l’intervento evidenziando le principali tendenze del mercato calzaturiero globale e la complessità di progettare modelli con in mente la circolarità, soprattutto in considerazione della natura multimateriale della maggior parte delle scarpe. A presentare il progetto FootLoop – scarpe monomateriali, costruzioni alternative e materiali biodegradabili – ci hanno pensato tre relatori. Ognuno in rappresentanza di una delle 3 aziende leader nel settore che hanno dato vita alla ricerca e sviluppo del progetto.
René Medel – Senior Digital Creation Engineer di framas Group, produttore leader di componenti in plastica ad alte prestazioni per l’industria delle calzature sportive. Jesus Marini Parissi – Fondatore di Moon Rabbit Adaptive Lab, che fonde design computazionale, ingegneria avanzata e ottimizzazione dei sistemi. Yael Joyce Vantu – Chief Product Officer di Balena, pioniere nello sviluppo di materiali circolari e soluzioni biodegradabili per la moda e le calzature.
COS’È FOOTLOOP?
Footloop è un sistema di scarpe completamente modulare e monomateriale, costruito con il materiale BioCir® compostabile di Balena e progettato per funzionare sia con la stampa 3D che con lo stampaggio a iniezione. Il concept è stato guidato da tre principi fondamentali:
Modularità: i componenti possono essere sostituiti, riparati o disassemblati senza adesivi.
Materiali: viene utilizzato un unico materiale circolare.
Movimento: la scarpa è progettata per garantire comfort, flessibilità e prestazioni equivalenti ad altre calzature.
Il risultato è una scarpa che ridefinisce il modo di fare, usare e disfare le calzature, spingendo i confini del design e della sostenibilità.
PROGETTARE TENENDO CONTO DEI SISTEMI: L’APPROCCIO DI MOON RABBIT LAB
Esperti di progettazione computazionale e produzione digitale, Moon Rabbit Lab ha affrontato Footloop non come un prodotto chiuso, ma come un sistema vivente, in grado di adattarsi, muoversi e tornare alla natura senza lasciare rifiuti.
“Abbiamo visto in Footloop un’opportunità per riprogettare le calzature dalle fondamenta”, ha detto Jesus Marini Parissi. “Piuttosto che stratificare materiali o incollare parti fra loro incompatibili, ci siamo concentrati sull’utilizzo di un unico polimero compostabile, il BioCir® di Balena, per creare una scarpa completamente modulare e multicomponente”.
Il processo di progettazione di Moon Rabbit Lab si è basato sulla biomimetica e sul pensiero sistemico. Ispirandosi a strutture naturali, come foglie, conchiglie e rami, hanno utilizzato strumenti computazionali per creare geometrie leggere, flessibili e resistenti.
Le prestazioni di ogni parte sono state ottimizzate attraverso simulazioni virtuali prima di realizzare il prototipo fisico. “Abbiamo costruito dei gemelli digitali per ogni componente”, ha spiegato Marini Parissi. “Così abbiamo potuto eseguire simulazioni, modificare le variabili prestazionali e testare le tolleranze molto prima di stampare un singolo pezzo. E il materiale non era considerato solo un input passivo, ma influenzava attivamente la forma”.
INNOVAZIONE PRODUTTIVA CON FRAMAS
Conosciuta per la sua leadership nella produzione di utensili e componenti per calzature, framas ha svolto un ruolo cruciale nella messa a terra dell’ambizione progettuale. La sfida principale è stata quella di integrare una tomaia e una suola stampate in 3D utilizzando BioCir® con un battistrada stampato a iniezione, il tutto senza adesivi o legami chimici.
“Abbiamo dovuto ripensare radicalmente il modo in cui viene costruita una scarpa”, ha detto René Medel. “Invece di incollare o fondere i componenti, li abbiamo progettati in modo da tenerli insieme meccanicamente. Il che ha richiesto un ritorno ai metodi tradizionali di costruzione delle calzature, alle tecniche di costruzione preindustriali in cui l’artigianato guidava la funzione”.
Il sistema di incastro meccanico non solo favorisce lo smontaggio e la riparazione, ma migliora anche la circolarità eliminando gli scarti di materiali compositi. Ogni connessione è intenzionale e reversibile. Dal punto di vista della produzione, framas ha anche validato BioCir® su due piattaforme principali:
·Nello stampaggio a iniezione, il materiale viene gestito in modo simile al poliuretano termoplastico (TPU), rendendolo facilmente integrabile nelle linee di produzione esistenti.
·Nella stampa 3D FDM, invece, il successo è dipeso dalla calibrazione dettagliata dei parametri, evidenziando sia le sfide che le opportunità di lavorare con materiali circolari innovativi.
IL MATERIALE DI BALENA AL CENTRO
Il cuore di Footloop è il BioCir® di Balena, un materiale flessibile, compostabile e a base biologica progettato per la circolarità senza compromettere le prestazioni. A differenza dei polimeri tradizionali, BioCir® è progettato per soddisfare le esigenze della produzione industriale, consentendo al contempo molteplici percorsi di fine vita, dal riciclo al compostaggio.
Ciò che ha contraddistinto questo progetto è stata la capacità di applicare lo stesso materiale sia nei processi di produzione additiva che in quelli convenzionali. Sia in forma di filamento che di pellet, BioCir® ha offerto la durata, l’elasticità e la lavorabilità necessarie per prototipare, perfezionare e infine produrre una scarpa completamente modulare.
UN NUOVO CICLO PER LE CALZATURE
Footloop è più di una scarpa, è una dichiarazione d’intenti. Sfida l’industria calzaturiera a pensare oltre i prodotti e a concentrarsi sui sistemi. Dalla modellazione computazionale alla progettazione modulare, dai materiali a base biologica alle strategie rigenerative di fine vita, Footloop dimostra cosa è possibile fare quando la collaborazione sostituisce il compromesso.
Balena, framas e Moon Rabbit Adaptive Lab non hanno creato solo una scarpa. Hanno dato vita a un nuovo modo di fare scarpe.
Un momento del talk “Walk Wise”, durante la Milan Design Week
Le schiume riciclate D3O® contengono due tipi di materiali D3O® ZeroTM. Questo materiale riciclato è l’ultima innovazione degli esperti di protezione dagli impatti di D3O. D3O® Zero™ è stato progettato per proteggere ciò che conta, innovando al contempo il processo di produzione per ridurre gli sprechi.
Disponibile in quattro spessori e due densità, D3O® ZeroTM è adatto a una vasta gamma di applicazioni che richiedono protezione dagli impatti. Nel caso delle calzature, il materiale protegge grazie all’assorbimento degli urti con il terreno.
Per creare D3O® Zero™, il materiale D3O® in eccesso proveniente dagli stabilimenti D3O viene macinato e miscelato con nuove schiume, e la miscela viene modellata in grandi balle cilindriche di D3O® Zero™. Successivamente, D3O viene tagliato in fogli di vari spessori, da 2 mm a 10 mm. Il materiale può quindi essere fustellato o termoformato per adattarsi a varie applicazioni protettive.
Dal 2027 entrerà in scena una vera e propria rivoluzione digitale nel settore della moda, e non solo: il Digital Product Passport (DPP). Non si tratta semplicemente di un nuovo adempimento burocratico imposto dall’Unione Europea, ma piuttosto di un’occasione imperdibile per le imprese che desiderano ripensare radicalmente la propria catena produttiva e la relazione con il consumatore. Questa sfida normativa, infatti, rappresenta un’opportunità unica per trasformare profondamente filiere e strategie aziendali, portando trasparenza, sostenibilità e innovazione tecnologica nel cuore del business.
Questi i concetti emersi dall’appuntamento e dal confronto organizzato da Fashion magazine in collaborazione con Netcomm e GS1 Italy. Una digital excellence roundtable dal titolo: “Digital Product Passport. Tra obblighi normative e nuovi orizzonti”. Riportiamo alcuni temi di riflessioni emersi dall’intensa giornata di lavoro per sottolineare le varie sfaccettature della questione, stimolare la riflessione e, soprattutto, sottolineare come sia tempo e sia urgente strutturarsi per i cambiamenti ormai dietro l’angolo.
Immaginate per un attimo di aprire l’armadio e di poter conoscere con precisione la storia di ogni singolo capo, di ogni borsa e di ogni calzatura. Dal materiale utilizzato fino all’artigiano che lo ha prodotto. Non è fantascienza: è il futuro che ci attende grazie al Digital Product Passport. Ma attenzione, non si tratta solo di un trend tecnologico, bensì di una rivoluzione obbligatoria che cambierà profondamente il panorama produttivo e commerciale.
DPP: TRA OBBLIGO E OPPORTUNITÀ
Il DPP nasce all’interno del Regolamento ESPR, elemento centrale del Green Deal europeo, e obbliga le aziende a fornire informazioni dettagliate e tracciabili per ogni prodotto. Paolo Cibien di GS1 Italy definisce questa novità una vera e propria “rivoluzione culturale e tecnologica”. D’altra parte, Marco Ruffa di Data Life aggiunge una visione ancora più ampia: «Il DPP non deve essere visto solo come compliance normativa, ma come una leva strategica capace di ridefinire radicalmente il rapporto tra chi produce, chi vende e chi compra».
STANDARDIZZAZIONE E INTEROPERABILITÀ: UN LINGUAGGIO COMUNE
Perché questo passaggio avvenga realmente e con efficacia, è fondamentale adottare uno standard condiviso e interoperabile lungo l’intera supply chain. Bruno Aceto, CEO di GS1 Italy, insiste sull’importanza cruciale di creare un linguaggio comune che permetta lo scambio massivo e sicuro di informazioni, evitando inefficienze e sprechi. “Pensare di affrontare il DPP senza standard sarebbe semplicemente impossibile”, precisa Aceto. Un sistema condiviso evita la frammentazione, riduce errori e sprechi, e consente un flusso massivo e sicuro di informazioni.
BLOCKCHAIN, FIDUCIA E SICUREZZA DEI DATI
A tal proposito, un ruolo chiave in questa transizione è giocato dalla tecnologia blockchain, che garantisce longevità, privacy e autenticità dei dati. Davide Di Stefano di Aura Blockchain Consortium ne evidenzia la centralità: «La blockchain permette ai consumatori di fidarsi davvero dei prodotti che acquistano». Alcuni grandi marchi, come Tod’s e Loro Piana, stanno già utilizzando questa tecnologia, consentendo ai clienti di verificare in tempo reale l’autenticità e la provenienza dei prodotti attraverso semplici QR code o tag NFC direttamente integrati nei prodotti e fornendo una customer experience arricchita.
LA RACCOLTA DEI DATI: PARTIRE DALLA PROTOTIPIA
Tuttavia, per ottenere informazioni affidabili e complete, Marina Raicevic di Surge sottolinea come la raccolta dati non possa limitarsi al prodotto finito, ma deve partire già dalla fase di prototipia. Un atteggiamento che assicura maggiore precisione e affidabilità dei dati lungo tutto il ciclo produttivo. «È necessario standardizzare il linguaggio intra-filiera per rendere la collaborazione tra gli attori realmente efficace», sostiene Raicevic. Torna il tema della standardizzazione, quindi!
SOSTENIBILITÀ DIGITALE: UN NUOVO PARADIGMA COMPETITIVO
Un ulteriore aspetto fondamentale del DPP è quello della sostenibilità digitale, che ormai rappresenta un paradigma competitivo imprescindibile. Carolina Lonetti di Simest evidenzia come i finanziamenti dedicati possano essere decisivi per aiutare le PMI italiane nella transizione digitale e sostenibile, consentendo l’adozione di tecnologie avanzate per tracciare e certificare i prodotti. Un esempio emblematico è il caso del marchio svedese Filippa K, che ha adottato il DPP per garantire una completa tracciabilità della lana utilizzata nelle sue collezioni, dal pascolo fino al negozio.
DAL PRODOTTO AL CLIENTE: UN NUOVO CUSTOMER JOURNEY
Ma il DPP non rivoluziona solo le catene produttive: ridefinisce anche il rapporto diretto tra prodotto e consumatore finale. Eleonora Migliori di Dondup racconta come, grazie al DPP, il consumatore si senta più coinvolto: «I clienti che possono avere accesso alle informazioni contenute nel DPP trascorrono più tempo sul nostro sito e manifestano una maggiore propensione all’acquisto». Lo strumento, infatti, se integrato efficacemente con strategie di CRM, diventa una leva potentissima per fidelizzare il consumatore e renderlo parte attiva del brand.
TRASFORMARE I COSTI IN INVESTIMENTI
Ovviamente, tale trasformazione digitale comporta anche investimenti importanti e strategici. Roberto Liscia di Netcomm pone l’accento sulla necessità per le imprese italiane di superare le attuali carenze sistemiche, creando piattaforme capaci di aggregare tutta la filiera produttiva. «Solo così sarà possibile trasformare davvero i costi del DPP in investimenti strategici sostenibili», afferma Liscia.
PROTEZIONE DELLA PROPRIETÀ INTELLETTUALE E TRASPARENZA
Altro nodo cruciale è rappresentato dalla protezione della proprietà intellettuale e dalla tutela del know-how aziendale. Silvia Elia, sempre di Netcomm, ricorda che il DPP consente di comunicare efficacemente il valore distintivo del Made in Italy mantenendo al contempo riservate le informazioni più sensibili, grazie alla possibilità di differenziare i livelli di accesso ai dati.
EDUCARE IL CONSUMATORE, COSTRUIRE FIDUCIA
Infine, una delle più grandi sfide resta quella di educare il consumatore. Marco Ruffa chiarisce che «solo un cliente realmente consapevole può valorizzare al massimo il DPP». Occorre andare oltre la semplice scansione di codici, costruendo una narrazione coinvolgente che permetta al prodotto stesso di raccontare la propria storia, generando un vero e proprio dialogo con chi lo acquista.
TAKE AWAY
«Il DPP non è un’invenzione per far felici i direttori marketing, né un gadget da boutique evoluta. È una norma. Ma anche una grande occasione. Su questo doppio tavolo – obbligo e opportunità – si gioca la partita più importante per l’industria del fashion e del lusso», prosegue Marco Ruffa in chiusura dell’incontro. Riepiloga così i punti chiave riguardanti il DPP:
Mindshift. Nessuna rivoluzione digitale avviene senza rivoluzione mentale. Il consumatore del futuro – e in parte già quello del presente – chiede provenienza, verifica, coerenza. Non è più disposto ad accettare storytelling fittizi. Vuole dati. Vuole verità. Chi aspetta che il mercato lo obblighi, ha già perso il treno.
Compliance. Non è più tempo di scuse. Dal 2027 l’obbligo del DPP scatterà per diverse categorie di prodotto. Ma chi si muove ora ha un vantaggio. La compliance non è più solo una griglia da rispettare. È il nuovo linguaggio comune tra brand, istituzioni, fornitori e sistema finanziario. Il DPP rende visibile il valore ESG e permette alle banche di premiare chi investe in tracciabilità. È il ponte tra regolazione e reputazione.
Collaborazione. Il DPP non si costruisce da soli: la collaborazione tra brand – anche competitor – è oggi l’unico modo per arrivare a standard condivisi e soluzioni interoperabili. Il concetto di “vantaggio competitivo” va riscritto: a vincere sarà chi saprà attivare reti, non solo proteggere brevetti.
Start small, scale big. Tutti vogliono partire. Ma hanno paura. Paura dei costi, della complessità, dell’effetto domino. Allora si parcheggiano i progetti nei pilot, come fossero aree di quarantena. Ma il pilot non è un parcheggio. È un trampolino. Serve il coraggio di iniziare, anche in piccolo.
Crederci. Nessun progetto può funzionare, se chi lo gestisce per primo concentra i propri pensieri sugli ostacoli da affrontare e spera in un rinvio. O peggio ancora, che alla fine si decida di fare retromarcia.
Storytelling. Il DPP dà voce ai prodotti e, se progettato bene, questa voce può essere potente. Non è più solo il marketing a parlare al cliente: è il prodotto stesso che racconta la propria origine, la propria filiera, i propri valori.
Standardizzazione. È la parola meno sexy, ma la più urgente. Senza standard comuni, ogni azienda della filiera produttiva dovrà replicare gli stessi processi decine di volte per clienti (brand) diversi. Il risultato? Costi, inefficienze, errori. Ci sono vari enti e consorzi, non da ultimo la Comunità Europea: tutti lavorano per definire identificatori comuni, strutture condivise. È qui che si gioca la vera interoperabilità.
Export. Le Pmi italiane possono usare il passaporto digitale per raccontare il Made in Italy nei mercati esteri. È un volano di fiducia e di valore.
Digital twin. Il passaporto digitale può diventare una vera estensione digitale del prodotto fisico, fino a svilupparsi in un gemello dinamico che evolve, si aggiorna, comunica. Un’entità che cresce con il prodotto e con la clientela che vi interagisce, estendendo il ciclo standard informativo – che oggi si ferma alla vendita – e arrivando a coprire fenomeni di mercato come il second hand e il rental, fino alla dismissione e al riciclo dei componenti stessi che lo compongono.
In definitiva, il Digital Product Passport non rappresenta semplicemente un nuovo obbligo normativo, ma piuttosto un’opportunità straordinaria per ridefinire completamente la cultura d’impresa, la produzione e il rapporto con il mercato. La prova, ora, è raccogliere la sfida per diventare veri pionieri della moda del futuro.
Si avvicina l’appuntamento con A+A 2025, il più grande e importante appuntamento fieristico al mondo per quanto riguarda la sicurezza, la protezione e la salute sul lavoro che si terrà a Düsseldorf, in Germania, dal 4 al 7 novembre prossimi.
Come sempre le aspettative sono molto elevate. A partire dalle dimensioni: quest’anno la fiera biennale tedesca si annuncia la più grande di sempre con un numero di espositori che supererà le 2.200 unità, provenienti da 60 Paesi diversi, ed una superficie di oltre 83mila metri quadri. “Le iscrizioni sono ancora aperte, ma siamo molto selettivi perché per la nostra fiera vogliamo una crescita sana che vada di pari passo con un’elevata qualità dei visitatori” ha spiegato Lars Wismer, Global Head & Director, ad un recente incontro con la stampa a Milano organizzato dalla società Honegger che rappresenta in esclusiva per l’Italia l’ente Fiera Düsseldorf.
Dal punto di vista logistico la fiera tedesca conferma il felice layout sperimentato due anni fa che ha visto la segmentazione dell’offerta articolata per raggruppamenti merceologici nei tredici padiglioni utilizzati. La novità riguarda l’apertura del padiglione 7 che sarà dedicato alle start up del settore che avranno l’occasione di presentarsi al mercato. Al 15 si svolgeranno invece come sempre le imperdibili sfilate di moda che accendono i riflettori sul design dei DPI e in generale sulle novità in fatto di stile dell’abbigliamento da lavoro e di sicurezza.
Anche il settore della calzatura sarà come sempre molto ben rappresentato grazie alla partecipazione dei maggiori brand internazionali che approfittano di questo appuntamento per lanciare sul mercato le ultime novità di prodotto. In questo comparto spicca, peraltro, la presenza italiana che può contare su 125 espositori su un’area di settemila metri quadri. Al fianco dei produttori di calzature, saranno presenti i maggiori fornitori di materiali, suole e componenti per la fabbricazione di scarpe di sicurezza.
Tra gli eventi collaterali di A+A, va ricordato Il Congresso internazionale che come sempre si svolge parallelamente alla fiera. Organizzato da Basi, l’Associazione federale tedesca per la sicurezza e la salute sul lavoro, il congresso promette un format rinfrescato per affrontare i temi della digitalizzazione e della sostenibilità (gli stessi argomenti chiave della fiera). Tra questi, le strategie di prevenzione come la “Vision Zero”, iniziativa globale mirata alla riduzione degli incidenti sul lavoro. In questa occasione vengono anche presentati e discussi i risultati della scienza del lavoro derivanti dalla ricerca orientata all’applicazione.
Gli organizzatori segnalano che dal 1° di giugno sarà disponibile un’APP della fiera che oltre a fornire informazioni sulla fiera punta a diventare un importante strumento di lavoro favorendo il business match fra gli operatori.
Infine, il portfolio internazionale della fiera della sicurezza tedesca si arricchisce di un nuovo appuntamento fieristico all’estero. Dopo quelli di Shanghai, Istanbul, Singapore e Bangkok quest’anno debutta a Osaka, in Giappone, dal 16 al 19 luglio, la prima edizione della “JIOSH+W – Japan International Occupational Safety and Health + Well-being”.
Lars Wismer e Tommaso Honegger alla conferenza stampa del 13 maggio a MilanoLa distribuzione dei padiglioni alla A+A 2025
Abbiamo tratto numerose ispirazioni dall’ultima edizione di Lineapelle e realizzato un report esaustivo con tutti i nuovi materiali entusiasmanti visti in fiera, oltre ad alcuni suggerimenti di tendenza da esplorare:
Summer Vibes
La tomaia di sandali e ciabattine, così come quella di altri modelli leggeri e tipicamente estivi, è probabile punti sulla semplicità. Saranno suole e tacchi, allora, a dover fare la differenza. In alcuni casi con piglio più deciso, in altri scegliendo semplicemente forme più inusuali.
Strong and sculpted
La scolpitura del fondo, la tipica texture carrarmato reinventata grazie a disegnature inusuali o a toni di colore fuori dall’ordinario, sapranno dire la loro anche nella prossima estate.
Training Styles
La sneaker continua a prosperare in tutte le col- lezioni. Se ancora qualche fondo punta su volumi più importanti della media, sono sempre di più le proposte che tornano rasoterra, o comunque agli spessori più tradizionali. Vale sia per i modelli più sportivi che per quelli più eleganti.
Tra gli operatori di riferimento a livello internazionale nella progettazione e produzione di adesivi e tessuti ad alto contenuto tecnologico per calzaturiere e pelletteria, automotive e packaging, Industrie Chimiche Forestali è fortemente impegnata nel rispetto dei valori di sostenibilità e dei principi ESG da oltre un secolo. Il Gruppo ha, infatti, ottenuto le più rilevanti certificazioni del settore chimico e aziendali, e aderisce dal 1997 al programma Responsible Care, che promuove lo Sviluppo Sostenibile dell’Industria Chimica a livello internazionale secondo valori e comportamenti orientati alla salute, alla sicurezza e all’ambiente.
“In questa direzione, lavoriamo da anni sulla sostituzione delle sostanze pericolose presenti nella formulazione dei nostri prodotti e sullo sviluppo di adesivi ecocompatibili e a basso contenuto di VOC (composti organici volatili, ndr), sfidando metodi di lavoro e tecnologie consolidate nel tempo”.
Questo impegno si concretizza nel continuo ampliamento della gamma di prodotti certificati secondo gli standard GRS (Global Recycle Standard), FSC (Forest Stewardship Council), BCI (Better Cotton Initiative), GOTS (Global Organic Textile Standard) e OK biobased.
Inoltre, al fine di valutare gli impatti ambientali generati dai propri prodotti “nel 2019 ICF ha effettuato uno studio LCA (Life Cycle Assessment) sulla produzione di quattro categorie di tessuti, estrusi e impregnati, nel settore della pelletteria e calzaturiero” – afferma Marcello Taglietti.
In collaborazione con il CNR e sulla base della propria analisi LCA, nel 2022 ICF ha introdotto all’interno della Product Category Rule (PCR) “Fabrics” delle norme specifiche per la realizzazione di studi ambientali su tessuti estrusi ed impregnati, oggi attive e utilizzate come riferimento nel settore moda. Grazie a questo importante contributo “nel 2023 abbiamo ottenuto la certificazione EPD (Environmental Product Declaration) per i nostri tessuti estrusi ed impregnati, stabilendo un primato mondiale all’interno del settore calzaturiero. Ciò ci ha consentito di ottenere non solo un vantaggio competitivo, ma anche un supporto a livello di ecodesign per il prodotto finale”.
Più di recente, ICF ha raggiunto l’ importante traguardo della certificazione ISCC PLUS (International Sustainability & Carbon Certification), uno standard riconosciuto a livello globale per la sostenibilità di materiali bio-based, riciclati e di origine circolare. L’azienda ha inoltre adottato il modello Mass Balance, un approccio innovativo che consente l’integrazione progressiva di materiali sostenibili nei processi produttivi di adesivi, garantendo trasparenza e tracciabilità lungo l’intera filiera, riducendo l’impatto ambientale senza compromettere la qualità e le prestazioni dei prodotti.
Accanto a queste certificazioni di rilievo, vale la pena ricordare che nel 2023 ICF insieme ad ACBC, BCorp e Circular Science Company italiana, ha redatto il Manifesto di Sostenibilità, un documento che rappresenta l’impegno etico e la missione dell’azienda nel perseguire pratiche commerciali responsabili e nel contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra. Questo convive accanto al Bilancio di Sostenibilità, giunto alla sua sesta edizione e redatto su base volontaria secondo quanto previsto dai GRI Standards.
“In questo periodo stiamo lavorando intensamente per sviluppare ulteriormente la gamma di adesivi base acqua e solvent free, che negli ultimi anni hanno avuto un sempre maggiore apprezzamento, soprattutto presso i brand del lusso, rispetto ai più tradizionali adesivi base solvente”, aggiunge Marcello Taglietti.
Versatile e leggera, connubio perfetto di design minimalista e leggerezza, la musette vanta il peso piuma di soli 125 grammi, ed è quindi perfetta per le giornate più lunghe. Il cordino dalla lunghezza regolabile e il fondo ripiegabile garantiscono ancora più flessibilità, consentendo alla musette di espandersi in base al suo contenuto. Ma non solo: la musette è realizzata in nylon idrorepellente a tre strati, un tessuto innovativo che non necessita di rivestimenti composti da altri materiali. Grazie alla concezione monomateriale, alla fine del suo ciclo di vita può quindi essere riciclata con facilità nella sua interezza.
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