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Assemblea Assomac 2025: aggregarsi per competere, innovare per resistere

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Giugno 2025

Assemblea Assomac 2025: aggregarsi per competere, innovare per resistere

Il settore delle tecnologie italiane per Pelle, Calzature e Pelletteria chiude il 2024 a -12%. Appello alla filiera: “Crisi Profonda, ma il Made in Italy può tornare protagonista con visione, filiera e investimenti mirati”.Tecnologie, innovazione e collaborazione, quindi: l’Assemblea Generale di Assomac ha tracciato la rotta per superare la crisi: serve un cambio di passo, sostenuto da investimenti mirati e sinergie tra filiere e istituzioni.

Qualità, competenze, tecnologia. Sono questi i pilastri su cui il settore italiano delle macchine per calzature, pelletteria e conceria è chiamato a costruire il proprio rilancio. L’Assemblea Generale di Assomac del 20 giugno 2025, ospitata al Kilometro Rosso Innovation District di Bergamo, ha offerto un quadro complesso, ma ha anche delineato le strategie per superare le difficoltà e proiettarsi nel futuro. Il preconsuntivo 2024 ha mostrato un calo del fatturato del comparto del 12%, attestandosi intorno ai 575 milioni di euro. Questa contrazione, che coinvolge sia il mercato interno che l’export, si inserisce in un contesto globale di instabilità geopolitica, inflazione, contrazione dei consumi e inasprimento delle barriere commerciali.

UN SETTORE IN SOFFERENZA, MA CON SALDE RADICI

Mauro Bergozza, Presidente di Assomac, ha aperto i lavori sottolineando la gravità della situazione ma anche il potenziale di reazione del settore. “Il nostro settore vive una fase di sofferenza profonda, ma non irreversibile”, ha dichiarato Bergozza. Ha evidenziato come la qualità delle tecnologie italiane, la solidità del know-how e la spinta innovativa debbano tornare a essere il motore della competitività. Per raggiungere questo obiettivo, sono necessari investimenti in digitalizzazione, automazione, sostenibilità e, soprattutto, una visione condivisa tra imprese, istituzioni e il sistema formativo e della ricerca. “Dobbiamo essere pronti a giocare una partita di sistema, altrimenti resteremo ai margini del mercato globale.”

Nonostante le difficoltà, l’Italia si conferma leader tecnologica nell’alto di gamma a livello internazionale, mantenendo nel 2024 una quota del 30% sull’export mondiale del comparto. In particolare, l’Italia detiene il 52% dell’export globale delle macchine per conceria e il 35% di quello delle macchine per pelletteria. Più penalizzato è il segmento calzature, che si attesta al 12%, in un contesto competitivo dominato dalla crescente presenza cinese: Pechino ha rafforzato il proprio ruolo industriale nell’area asiatica. Il Presidente Bergozza ha rimarcato il primato italiano nella concia, sostenuto dall’elevato valore tecnologico delle macchine e dai prodotti chimici conciari. Tuttavia, pelletteria e calzatura subiscono la pressione crescente dei produttori asiatici, in particolare della Cina, che nel 2023 ha prodotto 12,3 miliardi di paia di scarpe, pari al 55% del totale mondiale (87% se si considera tutta l’Asia).

 

IL CONTESTO MACROECONOMICO E LE SFIDE GLOBALI

Maurizio Tarquini, Direttore Generale di Confindustria, ha fornito una prospettiva più ampia sul contesto economico, riconoscendo la capacità delle imprese italiane di navigare cicli brevi e traumatici. Ha ricordato come l’Italia, nonostante le numerose crisi (dall’11 settembre, al caos Lehman Brothers, alle crisi nazionali, al Covid, alla guerra in Ucraina), sia diventata il quarto paese esportatore del mondo negli ultimi vent’anni, mantenendo posizioni dominanti in molti settori di nicchia. “Se vediamo come siamo passati attraverso queste crisi dobbiamo essere davvero orgogliosi, vuol dire che noi abbiamo una marcia in più”, ha affermato Tarquini. Ha sottolineato che le imprese italiane, pur in un contesto mutevole e complicato, hanno dimostrato di sapersi adattare, trovando sempre il modo giusto attraverso maggiore pressione sui mercati, nuovi mercati, innovazione e integrazione.

La forza dell’Italia risiede nell’intraprendenza, con un aumento del 60% della quota di export di beni in 25 anni. Tuttavia, Tarquini ha evidenziato la mancanza di un accompagnamento politico adeguato agli imprenditori. “Gli imprenditori normalmente non sono accompagnati, chi fa impresa non è accompagnato da una politica che lo sostiene”, ha detto. Ha lamentato la lentezza dei processi di autorizzazione e le difficoltà nell’accesso ai finanziamenti e alle infrastrutture. Il costo della burocrazia e delle normative in Italia è il doppio rispetto alla Germania, che pure si lamenta della propria burocrazia. Tarquini ha annunciato che Confindustria ha presentato al governo 80 misure di semplificazione a costo zero, di cui solo 14 sono state approvate finora. “Stiamo proponendo soluzioni in maniera quasi ossessiva, e insisteremo fino a quando non verremo ascoltati”, ha concluso Tarquini, ribadendo l’importanza di una politica che creda nelle imprese, vero motore del paese.

Erika Andreetta, Partner di PwC Italia ed EMEA Fashion & Luxury Leader, ha confermato la fase di contrazione dei mercati, con previsioni di un’ulteriore discesa dopo l’estate, a causa dell’incertezza geopolitica che frena gli investimenti e sposta i consumi verso beni di prima necessità. Ha osservato come i grandi gruppi francesi stiano cercando di recuperare volumi con politiche di prezzo più aggressive nelle categorie entry price (profumi, cosmetica), che però non coinvolgono la filiera italiana della moda. Andreetta ha evidenziato come anche i prodotti del lusso stiano soffrendo a causa di un eccessivo aumento dei prezzi e di un cambiamento nelle preferenze dei consumatori, che prediligono esperienze anziché l’acquisto di beni. Ha sottolineato la frammentazione della filiera italiana, con aziende che mediamente hanno pochi dipendenti, e la necessità di affrontare temi come il contratto collettivo nazionale e le aggregazioni. Ha inoltre menzionato il passaggio a modelli “see now, buy now” da parte dei grandi brand, che riduce fortemente i lotti di produzione, creando picchi di lavoro seguiti da decrescita per la filiera, rendendo così difficile settare la capacità produttiva.

Mauro Bergozza

 INNOVAZIONE E TRASFORMAZIONE DIGITALE: LA VIA PER IL FUTURO

Giuliano Noci, Docente di Strategia e Marketing al Politecnico di Milano, ha posto l’accento sulla necessità di una profonda trasformazione digitale se ci si vuole assicurare il futuro successo del Made in Italy. Ha riconosciuto il “pregiudizio positivo” di cui gode l’Italia nel mondo, grazie alla qualità della nostra manifattura tradizionale. Tuttavia, ha avvertito che l’eccellenza passata non garantisce quella futura. Noci ha criticato i bassi investimenti dell’Italia in innovazione (1,4% del PIL, contro il 2,5% della Cina e oltre il 3% di altri paesi) e nel digitale, dove l’Italia è quartultima in Europa per competenze. “Il nocciolo della questione per qualsiasi ambito merceologico italiano si chiama trasformazione digitale”, ha affermato Noci, definendola una priorità ad oggi largamente incompiuta.

Ha sostenuto che il problema non è solo italiano, ma anche europeo, in particolare per Germania e Italia, i “punti chiave della manifattura europea” che oggi assurgono alle cronache come i “principali problemi”. Noci ha usato l’esempio dell’automotive tedesco per illustrare come una “legacy culturale manifatturiera” possa impedire l’orientamento adeguato degli investimenti. Ha ribadito che la straordinaria capacità italiana di trasformare materia fisica in manufatti non è più sufficiente. È fondamentale integrare un nuovo ciclo operativo: la gestione del dato, con l’intelligenza artificiale come completamento della transizione digitale. “L’intelligenza artificiale è come l’aria, entrerà in ogni anfratto, non sfuggiremo all’intelligenza artificiale”, ha detto.

Noci ha delineato due rivoluzioni chiave: la trasformazione digitale, che porterà le aziende a diventare “provider di servizi” anziché solo fornitori di macchine, e una “capacità di esprimere un ciclo integrato con le nostre aziende clienti”. Questo approccio di “customer intimacy” e integrazione operativa è l’unica speranza per competere con i produttori cinesi, che continueranno a vendere macchine a costi inferiori. “Noi non potremo più stare sul mercato come venditori di macchine, ma dovremo diventare intimi dei nostri clienti in quanto fornitori in grado di prendersi cura in senso ampio dei prodotti dei nostri clienti”. Ha concluso che il lusso, sebbene in una fase di cambiamento, non è “in difficoltà”, ma sta ridefinendo la tipologia dei prodotti richiesti: personalizzazione, nuovi materiali, sostenibilità ambientale.

Mauro Bergozza ha enfatizzato la necessità di superare vecchi schemi e abitudini, promuovendo Automazione, Creatività e Tecnologia (ACT) come leve strategiche per il rilancio. Ha sottolineato l’importanza di lavorare in filiera e con una visione condivisa per affrontare i mercati. L’export complessivo italiano di tecnologie ACT ha raggiunto oltre 32 miliardi di euro, con un potenziale ancora inespresso stimato in circa 8 miliardi. Tra le priorità emerse dall’Assemblea, Bergozza ha menzionato un maggiore accesso agli strumenti di finanza agevolata (come i fondi di Industria 5.0), il sostegno all’export in mercati chiave (Africa, India, Sud-est asiatico, Sud America), investimenti in formazione tecnica e l’accelerazione dei processi di innovazione digitale. Ha lanciato una proposta per un grande programma di promozione internazionale della media tecnologia.

 

LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA E AGGREGARSI

Il concetto di “fare sistema” è stato un leitmotiv dell’Assemblea. Maurizio Forte, Direttore Centrale per i settori dell’Export di ICE Agenzia, ha ribadito la missione di ITA – Italian Trade Agency di accompagnare le imprese nell’export, investendo le risorse laddove possono fruttare di più, in collaborazione con le associazioni di Confindustria. Ha elogiato la capacità del settore di fare “lavoro di filiera”, citando l’esempio della messa in comune delle fiere SIMAC e Tanning Tech. Forte ha espresso fiducia nelle opportunità di mercato, in particolare in Africa, dove “semini oggi per raccogliere fra 10 anni, ma se mai semini mai avrai un raccolto”.

Luca Sburlati, Presidente di Confindustria Moda, Federazione Tessile e Moda, ha parlato di una “fortissima crisi” nel distretto toscano della pelletteria e di una contrazione generale nel sistema tessile, moda e prodotti in pelle, passato da 104 a 90 miliardi di fatturato tra il 2023 e il 2024, con un ulteriore -20% nel distretto toscano nei primi tre mesi del 2025. Ha evidenziato come la Cina stia creando brand propri e un lusso accessibile, mentre l’aumento dei prezzi di alcuni marchi ha portato a una diminuzione della domanda. Anche Sburlati ha concordato sulla necessità di un cambiamento profondo, affermando: “Se ragioniamo come abbiamo ragionato fino a oggi siamo morti tutti, compresi i brand italiani”. Ha proposto un piano strategico nazionale decennale per il comparto moda, inclusivo di Assomac, e un lavoro orizzontale tra le categorie. Ha auspicato un orientamento degli investimenti privati verso le imprese italiane, suggerendo un minimo di vantaggio fiscale per i fondi pensionistici che dovessero investire in aziende italiane.

Sburlati ha criticato la tendenza dei manager di sourcing a ridurre i costi d’acquisto, che induce pratiche “da sotto scala” che, come unico effetto, hanno quello di abbassare la qualità. Ha citato un esempio personale in cui ha rifiutato di lavorare con un marchio che imponeva prezzi troppo bassi: “O abbiamo il coraggio come filiera di rispondere anche negativamente a certe proposte scandalose o non ne verremo fuori”. Ha ribadito che la tecnologia, inclusa l’intelligenza artificiale, deve andare oltre la mera produzione, offrendo servizi come la gestione operativa e il controllo qualità. Ha concluso con l’augurio di lavorare in modo più unito, riconoscendo che “se avessi partecipato 10 anni fa a questa assemblea, vi avrei trovati uno concorrente dell’altro, oggi siete una sola filiera e questo è un punto di forza da sviluppare”. Ha infine richiamato l’importanza della sostenibilità come valore e barriera all’ingresso per i produttori di altre parti del mondo.

Sul tema dell’aggregazione è tornato anche Mauro Bergozza il quale ha ribadito che la competitività si costruisce insieme, con reti d’impresa, alleanze strategiche e investimenti in ricerca e sviluppo. La fiducia è importante, ma da sola non basta; serve una concreta trasformazione delle aspettative in fatturato. Ha sottolineato che la frammentazione del settore, con oltre il 70% di micro e piccole imprese familiari, limita la capacità di investire in innovazione, digitalizzazione e internazionalizzazione. “Aggregarsi tramite fusioni, acquisizioni o alleanze non è più un’opzione, ma una necessità per sopravvivere e crescere”. Ha citato esempi di successo di M&A in altri settori e l’importanza dell’apertura al capitale esterno per la crescita. Ha concluso: “Siamo troppo piccoli per competere”, e ha esortato ad affrontare il tema del “nanismo industriale”.

Guido Cami, Presidente e Amministratore Delegato di Industrie Chimiche Forestali, ha condiviso la sua esperienza aziendale in un periodo di “turbolenza incredibile”. Ha raccontato come la sua azienda, nata nel 1918 e produttrice di adesivi, abbia diversificato i settori di sbocco (calzature, pelletteria, automotive, flexible packaging, applicazioni industriali) e abbia rilevato altre aziende per fare “massa critica”. “Credo che la dimensione conti in un contesto esterno sempre più complicato”, ha affermato Cami. Ha descritto la confusione totale dovuta a Covid, guerre, shortage di materie prime, aumento dei costi energetici e inflazione, che hanno ridotto il potere d’acquisto e spostato le priorità di spesa. Ha dichiarato di non aver mai visto una situazione così caotica in 40 anni.

Cami ha sposato la visione di Noci sulla trasformazione digitale, definendola “investimento in tecnologia” e sottolineando come la sua azienda si sia trasformata in un “service provider” anziché solo produttore di adesivi. “Noi siamo venditori di un servizio che ai clienti risolve il problema di attaccare e tenere insieme due superfici.” Ha enfatizzato il valore del servizio, della simpatia e della capacità italiana, elementi che i concorrenti cinesi non possono replicare. Ha ribadito l’importanza di rimanere sull’alto di gamma. La dimensione maggiore dell’azienda permette di sostenere costi fissi, investire in ricerca e sviluppo (24 persone su 153 dipendenti) e fornire assistenza. “Se sei piccolino, per quanto bravo tu possa essere, devi ugualmente assicurare certe soluzioni ai clienti, ma i costi saranno superiori ai ricavi e i margini quasi inesistenti. Per aggirare il problema bisogna crescere dimensionalmente.”

Salvatore Majorana, Direttore di Kilometro Rosso Innovation District, ha presentato il distretto come un “agente del trasferimento tecnologico”, vocato a facilitare gli scambi di conoscenza tra industria e mondo dell’innovazione. Ha evidenziato la straordinaria qualità della ricerca scientifica italiana, pur con investimenti limitati, e la sua capacità di impattare a livello globale. Il Kilometro Rosso aggrega oltre 85 aziende e centri di ricerca, con l’Università di Bergamo, l’Istituto Mario Negri e Confindustria Bergamo tra gli insediamenti. Il parco attrae e trattiene giovani talenti, con un’età media di circa 30 anni. Majorana ha illustrato l’approccio del Kilometro Rosso sui filoni della digital industry e circular economy, con famiglie tecnologiche come intelligenza artificiale, robotica, sensoristica e manifattura additiva. Ha citato esempi di successo, come il Consorzio Intellimec che mette in contatto aziende e ricercatori per sviluppare soluzioni tecnologiche, e il laboratorio congiunto con l’Istituto Europeo di Tecnologia per portare la robotica più evoluta nelle imprese.

Giuliano Noci
Maurizio Tarquini
Maurizio Forte


 

IL RUOLO DELLA FINANZA NEL PASSAGGIO GENERAZIONALE E NELLE AGGREGAZIONI

Alberto Russo, Fondatore e Managing Partner di Russo De Rosa Associati, ha affrontato il tema cruciale delle dimensioni aziendali, citando la frase del Presidente Bergozza: “siamo troppo piccoli per competere”. Ha osservato un mercato del private equity molto attivo nel creare distretti e piattaforme industriali, ma anche un crescente interesse da parte dell’industria e del commercio per acquisizioni di competitor, al fine di crescere dimensionalmente e ampliare l’offerta di prodotti e servizi per rispondere ai cambiamenti strutturali del mercato e all’internazionalizzazione. Russo ha notato un aumento di PMI che cercano partner per acquisizioni o che intendono vendere una quota di partecipazione prediligendo progetti di lungo periodo. Attualmente, sono più le aziende che vogliono vendere, ma il numero di quelle che vogliono comprare è in costante crescita, spinte dalla necessità del mercato di aumentare le proprie dimensioni e guardare oltre i confini italiani. Ha sottolineato l’importanza di una corretta valutazione del valore aziendale e di strutture contrattuali che garantiscano la governabilità dell’operazione nel futuro. Sebbene gli imprenditori spesso preferiscano l’investitore industriale, perché porta competenze oltre al capitale, l’attrattiva del private equity è cresciuta, con operazioni che ora considerano EBITDA anche al di sotto dei 5 milioni di euro, fino a 2-3 milioni, con un multiplo medio di circa il 6-6.5. Un cambiamento per il mercato, che oggi denota una maggiore propensione a creare piattaforme di specializzazione attraverso holding di partecipazioni che generano valore per l’unione e la capacità di progetti sinergici.

Micaele Pietro Golferenzo, Private Banker di Intesa Sanpaolo Fideuram, ha descritto il passaggio generazionale come un momento da “mal di pancia” per gli imprenditori, spesso procrastinato. La difficoltà maggiore emerge quando i figli non mostrano interesse a proseguire l’attività o, peggio, non sono ritenuti all’altezza. Facilmente tali situazioni conducono a una discontinuità che può essere gestita attraverso l’ingresso di private equity, venture capital, o alleanze industriali. Golferenzo ha evidenziato come le banche, nel valutare i finanziamenti, non guardino solo la solidità e la grandezza attuale dell’azienda, ma anche il suo futuro e la sua strategia di continuità. La presenza di un manager, ad esempio, è vista come una garanzia di continuità e contribuisce a un rating migliore, con conseguente accesso a maggiori fondi e a tassi di interesse inferiori. Ha concluso che, pur non essendoci ancora una crescita del tutto evidente delle aziende che guardano al passaggio generazionale, c’è una crescente consapevolezza della necessità di affrontare questi temi, anche se parlare di “sopravvivenza” anziché di “crescita” può generare disagio.

 

PROSPETTIVE

L’Assemblea Generale di Assomac ha messo in luce un settore in profonda crisi ma determinato a reagire. Il Presidente Mauro Bergozza ha ribadito l’urgenza di un’azione comune a livello europeo per difendere e rilanciare l’identità manifatturiera del continente. Ha invitato tutti gli associati a contribuire attivamente per consolidare la rappresentanza del settore ed evitare l’autoreferenzialità. Ha annunciato che Assomac sta rafforzando la sua struttura con l’apertura di una nuova sede a Milano, più vicina alla filiera, a Federmacchine e al mondo della consulenza e della finanza.

“La sfida che ci attende è complessa, ma anche ricca di opportunità”, ha affermato Bergozza. L’industria europea della moda e delle tecnologie può tornare protagonista se saprà unire le forze, innovare, aprirsi al mondo. Assomac è pronta con una visione sempre più europea e un programma strategico chiaro. Ma il futuro si costruisce insieme: imprese, istituzioni, giovani talenti e collaboratori. È fondamentale rafforzare il dialogo tra le aziende del settore per rappresentare con una voce unita il valore della media tecnologia italiana presso il Governo italiano ed europeo, al fine di ottenere politiche industriali adeguate e strumenti di supporto concreti.

“Il tempo di agire è ora”, ha concluso Bergozza, citando il Governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta: “L’innovazione non nasce per caso. Serve un ecosistema che stimoli la concorrenza, diffonda le idee e riduca le asimmetrie tra finanziatori e imprenditori”. L’appello è a costruire insieme questo ecosistema, per un Made in Italy che, pur abituato alle difficoltà, possa continuare a essere competitivo e leader nel mondo.

Micaele Pietro Golferenzo, Guido Cami, Alberto Russo, Luca Sburlati, Erika Andreetta

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