Safety Magazine

Moro Minuterie presenta una linea completa di ganci e passalacci

by Filippo Crepaldi

Il mondo del work & safety è esigente. Non si può permettere e non ammette imprecisioni o componenti che non siano in grado di garantire sicurezza e affidabilità. Per questo è un settore che si affida a fornitori che vantano esperienza e capacità di personalizzazione dei componenti.

Moro Minuterie, con oltre 50 anni alle spalle nella produzione di accessori in metallo per svariati settori, dalla moda allo sport passando per il safety, assolve a tutte le caratteristiche che il comparto esige. Precisione, attenzione al dettaglio, processi a basso impatto ambientale e materiali riciclati per essere sempre più attenti alle tematiche della sostenibilità, caratterizzano le produzioni di Moro Minuterie che vanta anche una ulteriore freccia al proprio arco: lavorazioni interamente Made in Italy.

Tecnici capaci di sviluppare anche i progetti più innovativi e la possibilità di realizzare internamente gli stampi, consentono un alto livello di personalizzazione.

Ne è perfetta dimostrazione la nuova collezzione di ganci, rivetti e passalacci proposta da Moro Minuterie durante l’ultima Lineapelle. Accessori estremamente tecnici e funzionali in grado di arricchire le nuove collezioni sportive e work & safety non solo dal punto di vista delle performance ma anche sotto l’aspetto estetico.

Green Deal: il bivio della manifattura italiana tra ideali ambientali e sopravvivenza economica

E non è una voce isolata: è il grido d’allarme di un intero sistema produttivo italiano stretto tra ideali ambientali e costi reali. Perché mentre Bruxelles disegna la rotta verso la neutralità climatica, le PMI italiane si trovano davanti una scelta brutale: investire cifre proibitive o arrendersi alla concorrenza extra-UE che opera senza vincoli.

Dal palco dell’evento “La chimica dei valori” a Milano, il ministro Foti rincara la dose: «È evidente che quando si parla di industrie in Europa bisogna partire anche da una considerazione che pure potrebbe sembrare banale, ma l’Europa crede ancora nell’industria e crede ancora nell’industria europea? Perché se noi non ci chiediamo prima se questo è un obiettivo o meno, difficilmente riusciamo a leggere correttamente alcune iniziative. Personalmente ritengo che quello del Green Deal non sia stato un errore. È stato un incidente voluto e studiato perfettamente con l’obiettivo ideologico di deindustrializzare l’Europa. Lo dico perché non è possibile che, usando solo il normale buon senso, qualcuno si sia accorto di che cosa si stava mettendo in piedi. Obiettivi che non sono possibili da realizzare, ma che vengono perseguiti con una sagacia che definire persecutoria è poco».

Tommaso Foti, ministro italiano per gli Affari europei

LA MODA SOTTO ATTACCO

Il settore – 60.000 imprese, 600.000 dipendenti, 92 miliardi di fatturato – è in prima linea. «Il sistema moda italiano è sotto attacco dalla concorrenza globale, le trasformazioni tecnologiche, la pressione dei costi energetici e le nuove normative europee», dice Luca Sburlati, presidente di Confindustria Moda. I numeri parlano chiaro: esportazioni -4% nel primo semestre 2025, importazioni cinesi +18%. E c’è un dato ancora più inquietante: secondo un rapporto Ambrosetti, il settore è in ritardo di otto anni sugli obiettivi 2030 e servirebbero 24,7 miliardi di investimenti. Il problema? Il 92% delle aziende italiane non può permetterselo. «Troppo fragili», spiega Carlo Cici di Ambrosetti.

Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda, lo ha detto al Parlamento Europeo: bisogna «addebitare i costi della transizione a chi riempie le discariche con fast fashion, non alla moda creativa». Il punto è proprio questo: le normative europee – CSRD, Digital Product Passport, Ecodesign Regulation – non distinguono tra chi produce qualità duratura e chi inonda il mercato di usa-e-getta. Roberto Bottoli, coordinatore del Tavolo Veneto della Moda, avverte sul rischio di «fanatismi green o eccessi di burocrazia» che gravano solo sui produttori europei.

Sempre Foti riflette su altri numeri: «In Europa ci preoccupiamo in modo quasi estremo di stabilizzare giornalmente le emissioni, quando l’Europa pesa il 6% in termini di emissioni. Mentre noi ci facciamo i complimenti per aver ridotto un po’ le nostre emissioni, gli altri le aumentano in modo sconsiderato e riescono a farci una concorrenza che ci spinge fuori mercato».

 

I NUMERI CHE PESANO

Parlare di transizione è facile, pagarla no. Il CSRD costa 274.000 euro iniziali più 148.000 euro all’anno. Per una PMI vicentina può significare la chiusura. Poi c’è l’energia: elettricità a 150 euro/MWh, la più cara d’Europa; gas con un rapporto 4:1 rispetto agli USA. Come si compete così? La produzione industriale italiana è calata dell’8,2% tra metà 2022 e fine 2024. Non fluttuazioni: una frana strutturale.

 

LA VOCE CONTRARIA

Eppure, c’è chi vede nel Green Deal un’opportunità. Anna Turrell, Chief Sustainability Officer di Decathlon, l’ha scritto nero su bianco: «Il Green Deal è il più grande vantaggio competitivo dell’Europa. E noi aziende abbiamo bisogno di certezza». La sua tesi ribalta la narrativa: non è il Green Deal a soffocare, ma l’incertezza normativa. «Un quadro legale chiaro permetterà di investire in pratiche sostenibili che garantiscono posti di lavoro e prosperità». Le imprese sono pronte a investire, ma servono regole stabili per pianificare.

Sette CEO di grandi gruppi industriali europei – da Siemens a Schneider Electric – hanno scritto di stare «trasformando la sfida in vantaggio competitivo attraverso costi energetici più bassi». E Ilham Kadri, CEO di Syensqo: «Il cambiamento climatico è un rischio ma anche un’enorme opportunità. Serve avere sia sostenibilità che redditività». Non uno contro l’altra, ma insieme.

 

IL BIVIO

La Commissione ha fatto un primo passo indietro col pacchetto Omnibus: CSRD solo per aziende oltre mille dipendenti, risparmio di 6 miliardi all’anno, 80% delle imprese esentate. Ma serve di più: un approccio che distingua qualità da produzione di massa, tuteli le PMI, impedisca concorrenza sleale. Un Green Deal che non diventi «strumento di deindustrializzazione» ma nemmeno pretesto per rinviare una transizione inevitabile.

Il vero bivio non è tra ambiente e competitività. È tra chi saprà trasformare la sostenibilità in vantaggio e chi resterà indietro. La domanda è: l’Europa darà alle sue imprese – soprattutto alle più piccole – gli strumenti per questa sfida? Il tempo delle risposte sta scadendo.

Il ministro Foti, però, è più categorico: «L’obiettivo qual è? È ridurre l’Europa, che ha già un suo problema intrinseco di denatalità, a un giardinetto per anziani, oppure vogliamo mantenere un’Europa produttiva che prosegua sulla linea di essere un faro della produzione in ambito mondiale? Non è possibile pensare di poter seguire la strada di un Green Deal se non si smonta questo Green Deal, se non si prende atto che non è possibile proseguire su una strada che assomiglia a un suicidio annunciato».

Antideforestazione: COTANCE chiede un meccanismo di “stop-the-clock”

Bruxelles, 27 ottobre 2025 – COTANCE si unisce a 19 settori europei nel chiedere alla Commissione Europea di:

– Introdurre un meccanismo di “stop-the-clock” che consenta una valutazione adeguata dell’impatto e dell’attuazione dell’EUDR.

– Effettuare la valutazione d’impatto prevista dalla legge ai sensi dell’articolo 34.

Dopo aver inizialmente annunciato un rinvio nel settembre 2025, la Commissione europea propone ora di rendere pienamente applicabile il nuovo EUDR entro soli due mesi, un’inversione di rotta che rischia di minare la fiducia nel processo normativo dell’UE.

Le preoccupazioni delle parti interessate riguardano i tempi proposti, che creano una notevole incertezza per gli operatori europei: dalle grandi industrie a valle, che non saranno in grado di riadattare nuovamente i propri sistemi informatici, ai piccoli e micro operatori, che dovranno affrontare un onere amministrativo ancora maggiore per gestire autonomamente il carico di dati relativo al numero di numeri di riferimento delle dichiarazioni di due diligence (DDS) che si accumulano lungo la catena del valore.

L’emendamento della Commissione non soddisfa inoltre un requisito giuridico fondamentale: la valutazione d’impatto relativa all’ambito di applicazione ai sensi dell’articolo 34. Tale valutazione d’impatto aveva lo scopo di verificare se l’elenco dei prodotti di cui all’allegato 1 dovesse essere modificato o ampliato. Prevista inizialmente per giugno 2025, è stata ora completamente cancellata e sostituita dalla “revisione generale” nel 2030, cinque anni dopo l’attuazione. Questa cattiva amministrazione priva settori come quello della pelle del loro diritto legale a un processo decisionale basato su dati concreti – poiché finora l’impatto della pelle non era mai stato valutato – e mina i principi dell’UE di una migliore regolamentazione.

COTANCE ribadisce che l’inclusione di pelli e cuoio nell’ambito di applicazione dell’EUDR è stata effettuata senza un’adeguata valutazione d’impatto. Prove scientifiche autorevoli, tra cui una ricerca dell’Università di Scienze Applicate Sant’Anna di Pisa, hanno confermato che il cuoio non è una causa della deforestazione. Il cuoio è un sottoprodotto dei settori della carne e dei latticini e nessun bovino viene allevato per la sua pelle. La produzione di cuoio contribuisce alla circolarità valorizzando risorse che altrimenti diventerebbero rifiuti.

“L’industria europea del cuoio sostiene pienamente la lotta contro la deforestazione – dichiara Gustavo Gonzalez-Quijano, segretario generale di COTANCE -. Ma la sostenibilità non può essere raggiunta attraverso regolamenti che ignorano la realtà sul campo. Chiediamo alla Commissione di fare un passo indietro, ascoltare le prove e garantire che l’attuazione dell’EUDR si basi su fatti, non su supposizioni. È giunto il momento di fermare l’orologio e correggere questo regolamento”.

COTANCE ribadisce il proprio impegno a favore della sostenibilità, della trasparenza e delle catene di approvvigionamento responsabili. Tuttavia, un regolamento che non sia basato su prove concrete, non sia attuabile e non sia equo non giova né all’ambiente né all’economia europea.

 

VIDEO: Analisi tendenze sfilate uomo P/E 2026

Le infradito si sono affermate come un elemento chiave delle calzature per la Primavera/Estate 2026, presentandosi in raffinate versioni a punta da Ami e in versione sandalo da Yohji Yamamoto.

La stagione ha posto l’accento sulle collaborazioni e sulla tradizione delle performance, con Louis Vuitton che ha presentato la sneaker LV Buttersoft e Jonathan Anderson che ha presentato scarpe chunky ispirate allo skate per Dior.

Le passerelle hanno anche presentato sneaker collaborative, tra cui le Y-3 Field di Wales Bonner, le sneaker Suede Nahmias x Puma e le Puma Velum di Salehe Bembury.

Nel complesso, il revival retrò è rimasto forte, con le runner vintage degli anni ’70, ’80 e ’90 rivisitate in chiave moderna con materiali sostenibili. Sul fronte delle borse, Pharrell Williams di Louis Vuitton ha promosso accessori stravaganti, con borse morbide e a forma di animale che sono diventate pezzi forti della sua collezione ispirata all’India, continuando la sua passione per borse eccentriche e accattivanti che annullano i tradizionali confini di genere.

La nostra Trend Analyst Mariacristina Rossi ci guida alla scoperta delle principali tendenze viste sulle passerelle:

Co.Bo., 40 anni di innovazione tra performance e fashion

Ritengo che ciò che rende unica Co.Bo. sia il singolare percorso aziendale tracciato a cavallo tra settori apparentemente inconciliabili quali il mondo del lusso e quello tecnico dello sport. 

 

Trovarsi coinvolti ad affrontare sviluppi tecnici di progetti complessi assieme ai brand internazionali per poi produrre articoli destinati ad esigenze a prima vista così diverse, probabilmente ha permesso all’azienda di consolidare competenze tecniche che la maggior parte dei player, nella catena della fornitura del Made in Italy, non è in grado di offrire.   

 

“Noi vendiamo suole”, ci confidava anni fa un designer americano che ha firmato alcuni dei prodotti più iconici dello sport a livello mondiale. Per chi, come noi in Arsutoria School, si è specializzato nelle metodologie di ricavo delle tomaie è una affermazione difficile da digerire. Ma è evidente che essere capaci, oggi, di padroneggiare le estetiche complesse delle suole delle sneaker e, al tempo stesso, essere in grado di focalizzarsi su diverse caratteristiche tecniche, parametri prestazionali spesso in conflitto tra loro, richiede una preparazione approfondita sulla scienza dei materiali e della tecnologia dello stampaggio.    

 

Ci si potrebbe chiedere cosa stia cercando chi deve realizzare la fashion sneaker per la prossima sfilata parigina di una maison quando sceglie di lavorare con una azienda che nella sua storia si è trovata a confrontarsi con i più importanti marchi dello sport e a maneggiare polimeri tecnici come Pebax, Nylon e Poliammide. La risposta è semplice: la capacità di tenere assieme la complessità, di padroneggiare il processo industriale dello stampaggio per iniezione che a volte assomiglia tanto ad un’arte.

 

Non stupisce quindi che Co.Bo., nel 2025, nel bel mezzo di una assoluta crisi del settore moda, abbia deciso di investire pesantemente in Italia nella creazione di una struttura innovativa in grado di spingere ancora una volta un passo più in là i limiti della manifattura. E che abbia realizzato, con coraggio e lungimiranza, uno dei primi stabilimenti italiani completamente dedicati al Super Critical Foaming.


 

Tuttavia, queste competenze tecniche non significherebbero molto se gli interlocutori non fossero persone rispettate dal settore per la loro competenza, serietà e onestà. Un insieme di valori che da sempre contraddistingue Co.Bo., fondata nel 1984 dai coniugi Leonardo Procaccini e Rosanna Borroni.

“Leonardo non me ne faceva passare una se riteneva che stessi sbagliando, ma per lui tutto era o bianco o nero. Ti diceva le cose come stavano in maniera onesta e, se era lui a fare un errore, pagava di tasca sua”, mi raccontava un amico che da tanti anni collabora con questa azienda. “E non posso che dire bene dei loro figli: hanno portato avanti quello stile di serietà e di competenza che è stato da sempre la caratteristica distintiva di Co.Bo.”. 

 

Quindi tanti auguri Co.Bo. per questi 40 anni di impegno e meritato successo.

Co.Bo. per il settore della sicurezza: Hypercell

Qualche sera fa ero a cena con alcuni imprenditori che producono calzature nel Far East. Era stato invitato anche il sourcing manager di un grande gruppo italiano che sviluppa e commercializza calzature di sicurezza. Una frase chiara e decisa: “Non ho intenzione di fare da cavia: dovete dimostrarmi che avete già prodotto calzature di sicurezza che rispettino i regolamenti vigenti”. È evidente che la sicurezza è un mondo a parte per il quale non ci si improvvisa: materiali e costruzioni, quindi tecnologia devono rispettare standard precisi.

Se una suola destinata ad una calzatura sportiva coinvolge un complesso sistema di valori prestazionali, una suola per una calzatura di sicurezza vi aggiunge una lista di requisiti relativi all’impiego in contesti di lavoro sfidanti: dalla cucina di un ristorante ad un cantiere edile, una piattaforma petrolifera o un locale nel mezzo di un incendio.

Ecco che una discreta conoscenza dei materiali e delle tecnologie di stampaggio non è sufficiente. Bisogna davvero essere degli esperti perché sui requisiti della sicurezza c’è poco da scherzare: le scarpe possono essere immesse sul mercato solo dopo essere state certificate da un ente apposito.

Co.Bo. ha ormai sulle spalle diversi anni di progettazione e produzione di suole per calzature di sicurezza montate e ha affiancato le aziende del settore anche per i progetti di iniezione diretta su tomaia. La profonda conoscenza della chimica dei polimeri termoplastici e termoindurenti associata a un’esperienza maturata confrontandosi con la scienza dei materiali prestazionali più complessi, ha messo Co.Bo. nelle condizioni di proporre sempre le soluzioni più adeguate ai diversi contesti di utilizzo come, ad esempio, puntali da sicurezza in composito.

Da questa esperienza e da un DNA naturalmente orientato all’innovazione nasce la proposta di portare Hypercell, un polimero tecnico espanso, lanciato sul mercato nel 2025, anche nell’ambito delle calzature di sicurezza. In un mondo attualmente dominato dal PU, la proposta di Co.Bo. fornisce una alternativa per realizzare inserti e filler leggeri e confortevoli, con una superiore capacità di assorbire gli urti e di ridurre il peso complessivo della calzatura, pur mantenendo inalterato il livello di resistenza a oli e idrocarburi, necessario per restare in linea con i requisiti tipici delle calzature safety.

Matteo Pasca, direttore Arsutoria

135 anni di storia per U.S. Polo Assn.

Lo stile autentico del marchio si evolve senza perdere la propria identità, dando vita a calzature e accessori dal design versatile, fresco e sofisticato, pensate per accompagnare ogni momento della vita quotidiana con stile e comfort.

Tra le novità, spicca il ritorno delle espadrillas, icona estiva per eccellenza, reinterpretate con materiali moderni e dettagli attuali: una proposta perfetta per chi cerca leggerezza ed eleganza nei mesi più caldi. Tra i modelli proposti trova spazio SAMOA, una calzatura versatile e confortevole disponibile sia nella versione slip-on che stringata, ideale per accompagnare con stile ogni momento della giornata, dalla città al mare.

Grande debutto anche per SWIFT, il nuovo modello running che interpreta con carattere l’universo sportivo. Leggera, colorata e ricca di dettagli – tra mesh, stampe e lavorazioni in rilievo – SWIFT è pensata per chi non rinuncia allo stile, neanche in movimento.

SAMOA
SAMOA
SWIFT
SWIFT


Come cambiano le scelte dei clienti del lusso

L’indagine di EY Luxury Client Index ha coinvolto 1.600 consumatori nel lusso su 10 mercati a livello globale, tra cui l’Italia, fornendo una panoramica aggiornata sul settore e analizzando come cambiano le preferenze e i comportamenti dei clienti (Aspirational Luxury Client).

“Secondo la nostra indagine, il 68% degli Aspirational Luxury Client italiani premia nei propri acquisti la qualità del prodotto che torna protagonista, insieme alla sua storia, autenticità e artigianalità” – afferma Stefano Vittucci, Consumer Products & Retail Sector Leader di EY in Italia.

Anna Nasole, Partner EY Parthenon, Fashion, Luxury & Beauty in Italia, commenta: “Il lusso sta vivendo un riposizionamento profondo: i consumatori non premiano più solo lo status ma coerenza ‘value for money’, quindi qualità riconoscibile, autenticità, sostenibilità ed esperienze. Per i brand questo significa concentrare gli investimenti su tre direttrici: innovazione di prodotto e rafforzamento della filiera per preservare eccellenza e artigianalità; digitalizzazione e omnicanalità per garantire una customer journey fluida e personalizzata; e sostenibilità concreta come leva competitiva e reputazionale. È la capacità di trasformare queste priorità in leve strutturali che oggi fa la differenza e rende le aziende attrattive agli occhi degli investitori.”

La qualità prima di tutto: il valore intrinseco del lusso

La larga maggioranza dei consumatori italiani sceglie il lusso perché desidera possedere prodotti di qualità superiore (68%), dato in controtendenza rispetto al campione mondiale che ricerca principalmente un riconoscimento personale (47%), 9% in meno della media a livello globale; tra i motivi, segue inoltre l’acquisizione di uno status symbol (28%).

La qualità dei materiali e l’artigianalità sono quindi i principali aspetti che influenzano le scelte di acquisto, superando personalizzazione e prezzo. Nonostante l’ascesa del cosiddetto quiet luxury, il marchio mantiene una certa rilevanza: il 22% dei consumatori italiani lo considera tra gli elementi più influenti (il 26% a livello internazionale), mentre solo il 9% predilige prodotti senza marchi visibili (-3% rispetto alla popolazione mondiale).

Gioca un ruolo importante anche il fattore generazionale: mentre la Gen Z (nati tra il 1997 e il 2008) attribuisce maggiore valore ai brand che coinvolgono celebrità e influencer (43% campione italiano rispetto al 28% mondiale), i Baby Boomers (1946–1964) premiano l’identità storica del brand (71% degli intervistati nel Paese, 56% nel mondo).

Lusso e sostenibilità: un tema sempre più rilevante nelle scelte di acquisto

La sostenibilità supera il prezzo nelle decisioni dei consumatori italiani. Infatti, un terzo degli intervistati la considera determinante nei propri acquisti, con un distacco di 7 punti percentuali dalle considerazioni di natura economica (una quota inferiore alla media globale, che si attesta al 30%).   A trainare questa tendenza sono soprattutto le nuove generazioni, con il 26% della Gen Z e il 36% dei Millennials (1981-1996) che includono la sostenibilità tra i cinque criteri fondamentali nelle scelte di acquisto, in linea con la media globale rispettivamente del 36% e 34%.

Prezzo e qualità: un’equazione da ricalibrare

Sebbene il settore del lusso abbia beneficiato a lungo di una sostanziale flessibilità rispetto alla variazione dei prezzi, la prospettiva dei consumatori sta cambiando. Negli ultimi 12 mesi, a causa del prezzo troppo elevato, quasi 1 consumatore su 3 a livello globale ha rinunciato ad un acquisto pianificato; in Italia la percentuale scende al 23%, segnalando comunque nel prezzo una motivazione rilevante all’abbandono di un acquisto. Una delle possibili risposte a questa dinamica potrebbe essere l’adozione di piani di pagamento flessibili (indicati dal 22% dei consumatori italiani), per evitare che i consumatori si orientino verso prodotti contraffatti, alternative economiche di qualità o rinuncino del tutto all’acquisto.

Il ruolo dell’omnicanalità: come evolve l’esperienza del cliente

Il negozio continua ad essere centrale nel percorso di acquisto dei clienti, scelto dal 73% degli italiani, in linea con il campione globale. Incidono nella decisione di recarsi in un luogo fisico la possibilità di toccare e provare i prodotti prima dell’acquisto (per il 31% degli intervistati), e la personalizzazione del servizio (16%). Le maison non possono comunque ignorare le aspettative digitali in evoluzione dei consumatori del lusso che, specialmente in riferimento ai nativi digitali, utilizzano il canale online (50%), principalmente per comodità (25%) e per la convenienza di prezzi e scontistiche (20%).

Opportunità di crescita: esperienze esclusive e nuovi modelli di business

Una percentuale significativa dei rispondenti italiani (74%) ha dichiarato che sarebbe più propensa a concludere l’acquisto qualora venissero offerte esperienze uniche ed esclusive (83% nel mondo). Un chiaro segnale che il valore percepito non si limita al prodotto, ma si costruisce sempre più attraverso emozioni, esclusività e connessione con il brand. Rispetto ai nuovi modelli di business, oltre un terzo dei consumatori italiani dichiara di aver già acquistato articoli di lusso di seconda mano (il 38% a livello mondiale), mentre il 17% lo fa regolarmente.

Stefano Vittucci, Consumer Products & Retail Sector Leader  EY in Italia


GORE-TEX® EXTRAGUARD si afferma sul mercato

Al giorno d’oggi, gli stivali di sicurezza devono offrire molto più della sola protezione. Devono essere comodi, leggeri e resistenti agli agenti atmosferici nell’uso quotidiano. “Gli stivali di sicurezza dotati della tecnologia della tomaia EXTRAGUARD combinano tutte queste caratteristiche: sono robusti, impermeabili, si asciugano rapidamente e rimangono leggeri anche dopo lunghi periodi in condizioni di bagnato” dichiarano da GORE-TEX®.

Queste prestazioni sono state confermate da una prova di utilizzo di sei mesi condotta presso la Deutsche Bahn (le Ferrovie tedesche). E in occasione di A+A 2025 il marchio GORE-TEX® e i brand partner Atlas, Elten, Fal, HAIX, Heckel, Obuv, Robusta, Solid Gear, Steitz Secura e U-Power presenteranno le loro nuove collezioni di stivali con l’innovativa tecnologia della tomaia nel padiglione 11, stand H 67.

Con la tecnologia della tomaia EXTRAGUARD, il marchio GORE-TEX® combina i vantaggi dei tradizionali materiali robusti con quelli dei tessuti leggeri, aprendo la strada a maggiore protezione e comfort, con una manutenzione minima. La tecnologia della tomaia EXTRAGUARD è adatta agli ambienti di lavoro più impervi e offre una protezione robusta e comfort anche dopo mesi di utilizzo continuo in condizioni impegnative e umide. “I lavoratori dei settori dell’edilizia, della demolizione, ferroviario, dei servizi pubblici, agricolo, dell’energia elettrica e dell’approvvigionamento idrico traggono beneficio dalla nostra innovativa tecnologia della tomaia: sono tutti campi in cui chi svolge lavori pesanti e faticosi ha bisogno di calzature robuste, resistenti, leggere e confortevoli, di cui possono davvero fidarsi”, spiega Johannes Krieg, specialista di prodotto footwear per il marchio GORE-TEX®.

Steitz Secura
HAIX

LE PLAGISTE SS26: la bellezza della natura, la dolce eleganza dell’estate

La tavolozza dei colori evoca paesaggi dove la terra incontra il mare, il dolce calore del sole e la ricchezza dell’artigianato. Ogni stile, realizzato con la costruzione a sacchetto, offre un perfetto equilibrio tra comfort e raffinatezza, in particolare il nuovo modello “Biarritz”, pezzo forte della stagione. Una collezione che racconta la storia di un incontro armonioso tra natura e stile moderno, dove i caldi toni della terra incontrano le profondità del blu oceano, illuminato da riflessi metallici. Dettagli come il cinturino messicano conferiscono autenticità e carattere a ogni modello St Trop, perfetto per chi apprezza l’eleganza naturale ma sicura di sé.