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Un duro colpo per l’export italiano del settore pelle-calzature che vale circa tre miliardi
Il 2 aprile 2025 è iniziata una nuova era. I dazi “reciproci” sulle merci importate negli Stati Uniti annunciati dal presidente Donald Trump colpiranno tutti i paesi che vantano un surplus della bilancia commerciale con gli Usa o analoghe tariffe all’ingresso alle merci americane. Con il suo “Liberation Day” Trump ha lanciato il guanto di sfida al commercio globale, dichiarando l’emergenza nazionale per ridurre il deficit commerciale interno americano.
Questi i dazi annunciati che dovrebbero entrare in vigore il 9 aprile: Unione Europea (20%), Cina (34% che sale a 54% considerando la tariffa precedente già applicata), Vietnam (46%), Thailandia (36%), Giappone (24%), Cambogia (49%), Sudafrica (30%), India (26%) e Taiwan (32%). Un’aliquota di base del 10% si applicherà invece a tutte le importazioni negli Stati Uniti a partire dal 5 aprile, per i seguenti Paesi: Regno Unito, Singapore, Brasile, Australia, Nuova Zelanda, Turchia, Colombia, Argentina, El Salvador, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. Per Canada e Messico, i maggiori esportatori negli Usa, confermati i dazi al 25% già adottati in precedenza.
Per il settore automotive, invece, è stato stabilito un dazio del 25% su tutte le automobili prodotte fuori dagli Stati Uniti che è entrato in vigore il 3 aprile.
La guerra commerciale sta creando incertezza e preoccupazione in tutto il mondo. Il giorno successivo all’annuncio le principali Borse del mondo, da Wall Street all’Asia, sono andate pesantemente in rosso.
Per l’export italiano è sicuramente un duro colpo: a detta di molti operatori il mercato americano è insostituibile. Il settore della moda italiano e del lusso è uno dei più esposti, insieme a farmaceutica, alimentare e automotive.
Nel 2024 l’export verso gli Usa dei comparti calzature, pelletteria, conceria e pellicceria ha raggiunto un valore di quasi 3 miliardi. Secondo le stime di Confindustria, l’escalation protezionista degli Stati Uniti può determinare un calo del PIL italiano dello 0,6%. Il rischio di perdere migliaia di posti di lavoro è realistico. Il problema non riguarda solo l’export di prodotti finiti ma anche i rincari che graveranno sulle supply chain dei prodotti delocalizzati in Asia. Si pensi soltanto alle complesse filiere dei brand della calzatura sportiva che probabilmente dovranno rivedere le proprie catene di produzione per evitare eccessivi rincari dei prezzi del prodotto finale.
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