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Moda responsabile: presente e futuro del settore

News brevi

Maggio 2025

Moda responsabile: presente e futuro del settore

La sostenibilità quale chiave per innovare un settore chiamato a reinventarsi nel contesto attuale caratterizzato da nuove sfide economiche e culturali.

Moda responsabile. Moda di qualità. Attenzione all’ambiente, rispetto per i lavoratori e trasparenza nella produzione, interna e lungo tutta la filiera. Questi i temi al centro del ‘Luxury Summit 2025’, svoltosi il 7 maggio scorso a Milano e intitolato “Lusso responsabile, garanzia d’eccellenza”. Un tema, quello della sostenibilità, che non riguarda però solo il lusso, ma anzi deve riguardare sempre di più la moda nel suo complesso, dato il suo negativo contributo all’inquinamento del pianeta. E le strade da percorrere per una crescita responsabile sono diverse. A cominciare dalla scelta del materiale e dalle sue caratteristiche. Come sottolinea Chiara Mastrotto, Presidente del Gruppo Mastrotto, “la pelle è il più antico materiale da fonte organica e circolare che, se non processato, dovrebbe essere smaltito. Ma la pelle è anche un materiale che, se ben progettato, è durevole, perché la pelle vive, e nel tempo acquista fascino. Per noi di Gruppo Mastrotto a questa naturale ‘virtuosità’ del prodotto aggiungiamo una progettazione rigorosa, misurabile ed estesa all’intera filiera”.  

“All’interno del gruppo Mastrotto – prosegue Chiara Mastrotto – abbiamo identificato tre direttrici: una tecnica, una quantitativa e una collaborativa. Dal punto di vista tecnico, sviluppiamo materiali che tengono conto dell’impatto sul pianeta e tutti i nostri processi operativi sono volti a ridurre l’utilizzo d’acqua, energia e chimica, con un graduale passaggio da una chimica tradizionale, da fonte fossile, a una chimica anche organica. Dal punto di vista quantitativo, invece, utilizziamo regolarmente l’LCA (Life Cycle Assessment) come strumento per misurare gli impatti. Infine, dal punto di vista collaborativo, promuoviamo collaborazioni come quella stretta con Tod’s lo scorso anno riguardante un progetto di ecodesign, per il quale abbiamo studiato un pellame che potesse rispondere non solo alle esigenze di natura tecnica, fisica e chimica del cliente – quindi aspetti prestazionali -, ma che avesse anche determinate caratteristiche di tracciabilità e carbon emission”.

“Nell’ambito distrettuale, infine, va sottolineato come buona parte dei nostri sottoprodotti conciari, anziché essere smaltiti, diventano materia prima per l’industria a valle, ad esempio della cosmetica, farmaceutica o dei fertilizzanti ecc.”


Sostenibilità e responsabilità estesa e condivisa

Il tema del fine vita del prodotto è strettamente legato a quello della responsabilità estesa al produttore e in un’ottica di filiera. A tal proposito Chiara Mastrotto sottolinea come la responsabilità estesa, per poter funzionare, debba essere, appunto, una responsabilità condivisa, mentre spesso accade che gli investimenti sono a monte della filiera, mentre il valore economico e reputazionale slitti poi a valle. “Come Gruppo Mastrotto, ad esempio, abbiamo lavorato per certificare l’impronta climatica della nostra organizzazione, utilizziamo regolarmente il Life Cycle Assessment ecc., ma tutto questo richiede una complessa e accurata gestione dei dati, competenze e molti investimenti, poi però è soprattutto chi lavora direttamente con il cliente che ne gode i vantaggi. Affinché ci sia una reale transizione sostenibile è necessario immaginare un riequilibrio di filiera che può avvenire solo considerando il fornitore come partner strategico, attraverso una co-progettazione del prodotto oppure condividendo in maniera trasparente i dati ambientali come modalità operativa collaborativa o, ancora, adottando criteri di selezione del fornitore, criteri ESG oltre che prestazionali” – afferma Chiara Mastrotto.

Primavera green ma inverno industriale?

In un momento, come quello attuale, caratterizzato dal cambiamento di approccio alla sostenibilità legato alle elezioni del Presidente Trump negli Stati Uniti, ma anche al cambio di marcia della Commissione Europea che ha accelerato sul tema della competitività, senza dimenticare le varie crisi economiche legate all’incertezza globale – non si rischia che il tema della sostenibilità non sia più tra le priorità in agenda delle aziende?

Secondo Chiara Mastrotto le filiere devono ‘tenere la rotta’ e proseguire lungo un cammino ormai tracciato, perché di investimenti ne sono già stati fatti molti e perché la sostenibilità è prima di tutto un ‘commitment’ di realtà come Gruppo Mastrotto.  “Consideriamo le sfide ambientali e sociali come strutturali e quindi continueremo, insieme ai nostri main partner, ad utilizzare i criteri ESG come elementi dei nostri piani industriali strategici, ma anche come driver sulle scelte operative. Manteniamo dritta la direzione, perché solo in questo modo potremo creare valore. Altrimenti si rischia di assistere a una primavera green, seguita da un inverno industriale”.


Ecodesign e tracciabilità

Il regolamento Ecodesign dell’Unione Europea (ESPR – Ecodesign for Sustainable Products Regulation), che mira a promuovere prodotti più sostenibili e ridurre l’impatto ambientale durante il loro ciclo di vita, si lega a doppio filo al tema della tracciabilità.

Su questo argomento Gessica Ciaccio, Ricercatrice del Dipartimento Tecnologie energetiche e fonti rinnovabili di ENEA, ha ricordato il progetto europeo TRIC, durato 36 mesi e che ha coinvolto oltre 30 partner tra associazioni di categoria dell’industria manifatturiera, enti di ricerca, università ecc., avente come obiettivo quello di dare all’azienda un set di strumenti a supporto della raccolta dati di tracciabilità e sostenibilità, in linea con le nuove normative europee. 

“Il progetto ha fornito tre risultati interessanti. Il primo è un prototipo di piattaforma per la tracciabilità che abilita le aziende a collezionare i dati lungo tutta la filiera -dalla materia prima al prodotto finito, passando anche per le fasi di post consumo, riciclo, emissione di materia prima -. Il tutto supportato da un sistema di blockchain che consente una raccolta, gestione e condivisione dei dati in maniera sicura e affidabile. Il secondo risultato importante è quello di un modello dati olistico, aperto e standardizzato, su cui si poggia l’approccio alla tracciabilità della piattaforma, un modello costruito proprio partendo dalle metodologie degli standard già esistenti, ad esempio la metodologia dell’UNECE per la tracciabilità. Infine, abbiamo in corso un importante contributo alla standardizzazione con un chain workshop agreement, un’iniziativa di pre-standardizzazione portata avanti da Enea (Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile) con UNI (Ente Nazionale di Unificazione) e CEN (European Committee for Standardization). L’obiettivo è quello di definire delle linee guida per la raccolta dati di tracciabilità e sostenibilità per il Digital Product Passport, in collaborazione anche con altri progetti europei che sono attivi su temi ricorrenti nelle nuove normative”.

L’importante, ha ricordato Gessica Ciaccio, è arrivare ad una standardizzazione perché “ora le aziende si ritrovano in un marasma caratterizzato da una mole considerevole di dati da caricare su differenti piattaforme imposte o meno dai brand. È auspicabile riuscire ad arrivare a una situazione in cui l’azienda fa il lavoro soltanto una volta: raccoglie dati, ha già delle linee guida, delle procedure da seguire per organizzare questi dati in una certa maniera per poi fornirli, in modo automatico, alle piattaforme dei brand che li richiedono”.


Gestione rifiuti, riciclo, economia circolare

Lucia Muto, Responsabile dell’Area strumenti economici del Centro Nazionale dei Rifiuti e dell’Economia Circolare di ISPRA, ha sottolineato come la porzione di raccolta differenziata tessile è sempre molto ridotta, non arriva all’1%, un po’ perché c’è una normativa recente in Italia che impone questo obbligo (1 gennaio 2022), un po’ perché manca ancora un decreto attuativo. Inoltre, il settore tessile è un settore particolare, perché non tutti i prodotti tessili immessi sul mercato diventano beni post consumo: molti vengono donati, c’è un mercato in crescita dell’usato ecc. Inoltre, la raccolta è molto eterogenea nei vari Comuni. L’obiettivo resta comunque il riciclo, perché tutto ciò che si riuscirà a riciclare diventerà materia prima e seconda in un’ottica di economia circolare.

Giuliano Maddalena, CEO del Gruppo Safe, che collabora con il consorzio Ricrea e Retex che fanno capo a Camera Moda e a Confindustria Moda Federazione Tessile e Abbigliamento Ex-Smi, ha sottolineato la centralità del controllo della filiera. Prima di tutto perché “per i brand che oggi si affacciano alla gestione del fine vita, quindi della raccolta e riciclo del post consumo, è fondamentale evitare che si associno al brand stesso episodi sgradevoli dal punto di vista ambientale tali da comprometterne l’immagine. Il secondo motivo per cui è fondamentale il controllo di filiera è che noi dobbiamo sapere dove vanno a finire circa 100.000 tonnellate di prodotti post consumo potenzialmente riutilizzabili che sicuramente lasceranno il territorio italiano e che non debbono andare ad alimentare luoghi come il deserto di Atacama, in Cile, sommerso da rifiuti tessili invenduti.”

“Per ovviare a questi problemi – afferma Giuliano Maddalena – stiamo adottando l’Ecoguard Textile, un disciplinare di regole creato sulla falsa riga di quello già in essere dal 2010 per  i rifiuti elettrici. In concreto, oltre a qualificare il fornitore dal punto di vista autorizzativo, stiamo attenti alla parte reputazionale e fisica, cioè verifichiamo sul campo dove il fornitore indirizza il materiale post consumo oppure gli chiediamo di mandarlo solo dove noi abbiamo verificato che questo materiale possa essere rivenduto”.


Innovazione sostenibile

Due realtà nuove, che segnano la strada di quello che potrà essere la moda del domani in un’ottica di rispetto e sostenibilità, sono ZeroW e NextCouture.

Gabriele Rorandelli, Co-founder e CEO di ZeroW – startup che prenderà parte all’Innovation Village Retail di Expo Riva Schuh e Gardabags a giugno 2025 – racconta come è nata l’idea di una piattaforma digitale marketplace, prima nel suo genere, che mette in comunicazione la domanda e l’offerta di scarti e rimanenze di materiale per la moda di lusso: “Tramite la nostra piattaforma siamo anche in grado di tracciare sia la destinazione del materiale per i brand o le manifatture, che recuperare i dati per fornire report di sostenibilità, che in questo modo mettono insieme la sostenibilità economica con quella ambientale”. Naturalmente in questo progetto di upcycling la filiera è fondamentale. Non a caso ZeroW nasce a Scandicci, perché la filiera corta garantisce collaborazione e controllo.

Si basa invece sul concetto di esclusività e zero sprechi il progetto di Chiara Torino, Founder di NextCouture, piattaforma di couture on-demand. “L’idea di fondo è che l’esclusività debba ruotare intorno al concetto di irripetibilità del prodotto più che di inaccessibilità del prezzo, e un prodotto irripetibile può essere solo un capo confezionato su richiesta di chi dovrà indossarlo. Da qui l’idea di una piattaforma e-commerce che consenta ai brand di promuovere e commercializzare capi e accessori personalizzabili. E parliamo di una personalizzazione estrema, quindi poter scegliere ogni aspetto di quel capo: il tessuto, la fodera, i colori, gli item di stampa, i bottoni ecc. La tecnologia è lo strumento che consente questo gioco virtuale in tempo reale, dove l’innovazione è anche nella scalabilità del prodotto unico che diventa industrializzabile, uscendo dalle maglie del processo analogico sartoriale. Da corollario a questo aspetto di vetrina marketplace della piattaforma vi è poi l’accesso attraverso la sottoscrizione di membership, che dà diritto a contenuti o opzioni di personalizzazione dedicati”.

Dove ritroviamo la sostenibilità? “NextCouture risolve il problema alla radice, perché la produzione on demand annulla in nuce la possibilità di generare rifiuti e magazzini di invenduto da smaltire. Inoltre, neppure si attiva il processo di lavorazione e il consumo di materie prime per capi che resteranno senza un destinatario”. Viene prodotto solo ciò che è già venduto.

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