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Continua a leggere...Maggio 2025
Il Digital Product Passport (DPP) europeo sarà obbligatorio nella moda e in altri settori. Ma oltre all’obbligo normativo, rappresenta un’occasione unica per ripensare radicalmente filiere e strategie aziendali. Dalla compliance alla customer experience, ecco come trasformare un vincolo in un asset competitivo.
Dal 2027 entrerà in scena una vera e propria rivoluzione digitale nel settore della moda, e non solo: il Digital Product Passport (DPP). Non si tratta semplicemente di un nuovo adempimento burocratico imposto dall’Unione Europea, ma piuttosto di un’occasione imperdibile per le imprese che desiderano ripensare radicalmente la propria catena produttiva e la relazione con il consumatore. Questa sfida normativa, infatti, rappresenta un’opportunità unica per trasformare profondamente filiere e strategie aziendali, portando trasparenza, sostenibilità e innovazione tecnologica nel cuore del business.
Questi i concetti emersi dall’appuntamento e dal confronto organizzato da Fashion magazine in collaborazione con Netcomm e GS1 Italy. Una digital excellence roundtable dal titolo: “Digital Product Passport. Tra obblighi normative e nuovi orizzonti”. Riportiamo alcuni temi di riflessioni emersi dall’intensa giornata di lavoro per sottolineare le varie sfaccettature della questione, stimolare la riflessione e, soprattutto, sottolineare come sia tempo e sia urgente strutturarsi per i cambiamenti ormai dietro l’angolo.
Immaginate per un attimo di aprire l’armadio e di poter conoscere con precisione la storia di ogni singolo capo, di ogni borsa e di ogni calzatura. Dal materiale utilizzato fino all’artigiano che lo ha prodotto. Non è fantascienza: è il futuro che ci attende grazie al Digital Product Passport. Ma attenzione, non si tratta solo di un trend tecnologico, bensì di una rivoluzione obbligatoria che cambierà profondamente il panorama produttivo e commerciale.
DPP: TRA OBBLIGO E OPPORTUNITÀ
Il DPP nasce all’interno del Regolamento ESPR, elemento centrale del Green Deal europeo, e obbliga le aziende a fornire informazioni dettagliate e tracciabili per ogni prodotto. Paolo Cibien di GS1 Italy definisce questa novità una vera e propria “rivoluzione culturale e tecnologica”. D’altra parte, Marco Ruffa di Data Life aggiunge una visione ancora più ampia: «Il DPP non deve essere visto solo come compliance normativa, ma come una leva strategica capace di ridefinire radicalmente il rapporto tra chi produce, chi vende e chi compra».
STANDARDIZZAZIONE E INTEROPERABILITÀ: UN LINGUAGGIO COMUNE
Perché questo passaggio avvenga realmente e con efficacia, è fondamentale adottare uno standard condiviso e interoperabile lungo l’intera supply chain. Bruno Aceto, CEO di GS1 Italy, insiste sull’importanza cruciale di creare un linguaggio comune che permetta lo scambio massivo e sicuro di informazioni, evitando inefficienze e sprechi. “Pensare di affrontare il DPP senza standard sarebbe semplicemente impossibile”, precisa Aceto. Un sistema condiviso evita la frammentazione, riduce errori e sprechi, e consente un flusso massivo e sicuro di informazioni.
BLOCKCHAIN, FIDUCIA E SICUREZZA DEI DATI
A tal proposito, un ruolo chiave in questa transizione è giocato dalla tecnologia blockchain, che garantisce longevità, privacy e autenticità dei dati. Davide Di Stefano di Aura Blockchain Consortium ne evidenzia la centralità: «La blockchain permette ai consumatori di fidarsi davvero dei prodotti che acquistano». Alcuni grandi marchi, come Tod’s e Loro Piana, stanno già utilizzando questa tecnologia, consentendo ai clienti di verificare in tempo reale l’autenticità e la provenienza dei prodotti attraverso semplici QR code o tag NFC direttamente integrati nei prodotti e fornendo una customer experience arricchita.
LA RACCOLTA DEI DATI: PARTIRE DALLA PROTOTIPIA
Tuttavia, per ottenere informazioni affidabili e complete, Marina Raicevic di Surge sottolinea come la raccolta dati non possa limitarsi al prodotto finito, ma deve partire già dalla fase di prototipia. Un atteggiamento che assicura maggiore precisione e affidabilità dei dati lungo tutto il ciclo produttivo. «È necessario standardizzare il linguaggio intra-filiera per rendere la collaborazione tra gli attori realmente efficace», sostiene Raicevic. Torna il tema della standardizzazione, quindi!
SOSTENIBILITÀ DIGITALE: UN NUOVO PARADIGMA COMPETITIVO
Un ulteriore aspetto fondamentale del DPP è quello della sostenibilità digitale, che ormai rappresenta un paradigma competitivo imprescindibile. Carolina Lonetti di Simest evidenzia come i finanziamenti dedicati possano essere decisivi per aiutare le PMI italiane nella transizione digitale e sostenibile, consentendo l’adozione di tecnologie avanzate per tracciare e certificare i prodotti. Un esempio emblematico è il caso del marchio svedese Filippa K, che ha adottato il DPP per garantire una completa tracciabilità della lana utilizzata nelle sue collezioni, dal pascolo fino al negozio.
DAL PRODOTTO AL CLIENTE: UN NUOVO CUSTOMER JOURNEY
Ma il DPP non rivoluziona solo le catene produttive: ridefinisce anche il rapporto diretto tra prodotto e consumatore finale. Eleonora Migliori di Dondup racconta come, grazie al DPP, il consumatore si senta più coinvolto: «I clienti che possono avere accesso alle informazioni contenute nel DPP trascorrono più tempo sul nostro sito e manifestano una maggiore propensione all’acquisto». Lo strumento, infatti, se integrato efficacemente con strategie di CRM, diventa una leva potentissima per fidelizzare il consumatore e renderlo parte attiva del brand.
TRASFORMARE I COSTI IN INVESTIMENTI
Ovviamente, tale trasformazione digitale comporta anche investimenti importanti e strategici. Roberto Liscia di Netcomm pone l’accento sulla necessità per le imprese italiane di superare le attuali carenze sistemiche, creando piattaforme capaci di aggregare tutta la filiera produttiva. «Solo così sarà possibile trasformare davvero i costi del DPP in investimenti strategici sostenibili», afferma Liscia.
PROTEZIONE DELLA PROPRIETÀ INTELLETTUALE E TRASPARENZA
Altro nodo cruciale è rappresentato dalla protezione della proprietà intellettuale e dalla tutela del know-how aziendale. Silvia Elia, sempre di Netcomm, ricorda che il DPP consente di comunicare efficacemente il valore distintivo del Made in Italy mantenendo al contempo riservate le informazioni più sensibili, grazie alla possibilità di differenziare i livelli di accesso ai dati.
EDUCARE IL CONSUMATORE, COSTRUIRE FIDUCIA
Infine, una delle più grandi sfide resta quella di educare il consumatore. Marco Ruffa chiarisce che «solo un cliente realmente consapevole può valorizzare al massimo il DPP». Occorre andare oltre la semplice scansione di codici, costruendo una narrazione coinvolgente che permetta al prodotto stesso di raccontare la propria storia, generando un vero e proprio dialogo con chi lo acquista.
TAKE AWAY
«Il DPP non è un’invenzione per far felici i direttori marketing, né un gadget da boutique evoluta. È una norma. Ma anche una grande occasione. Su questo doppio tavolo – obbligo e opportunità – si gioca la partita più importante per l’industria del fashion e del lusso», prosegue Marco Ruffa in chiusura dell’incontro. Riepiloga così i punti chiave riguardanti il DPP:
Mindshift. Nessuna rivoluzione digitale avviene senza rivoluzione mentale. Il consumatore del futuro – e in parte già quello del presente – chiede provenienza, verifica, coerenza. Non è più disposto ad accettare storytelling fittizi. Vuole dati. Vuole verità. Chi aspetta che il mercato lo obblighi, ha già perso il treno.
Compliance. Non è più tempo di scuse. Dal 2027 l’obbligo del DPP scatterà per diverse categorie di prodotto. Ma chi si muove ora ha un vantaggio. La compliance non è più solo una griglia da rispettare. È il nuovo linguaggio comune tra brand, istituzioni, fornitori e sistema finanziario. Il DPP rende visibile il valore ESG e permette alle banche di premiare chi investe in tracciabilità. È il ponte tra regolazione e reputazione.
Collaborazione. Il DPP non si costruisce da soli: la collaborazione tra brand – anche competitor – è oggi l’unico modo per arrivare a standard condivisi e soluzioni interoperabili. Il concetto di “vantaggio competitivo” va riscritto: a vincere sarà chi saprà attivare reti, non solo proteggere brevetti.
Start small, scale big. Tutti vogliono partire. Ma hanno paura. Paura dei costi, della complessità, dell’effetto domino. Allora si parcheggiano i progetti nei pilot, come fossero aree di quarantena. Ma il pilot non è un parcheggio. È un trampolino. Serve il coraggio di iniziare, anche in piccolo.
Crederci. Nessun progetto può funzionare, se chi lo gestisce per primo concentra i propri pensieri sugli ostacoli da affrontare e spera in un rinvio. O peggio ancora, che alla fine si decida di fare retromarcia.
Storytelling. Il DPP dà voce ai prodotti e, se progettato bene, questa voce può essere potente. Non è più solo il marketing a parlare al cliente: è il prodotto stesso che racconta la propria origine, la propria filiera, i propri valori.
Standardizzazione. È la parola meno sexy, ma la più urgente. Senza standard comuni, ogni azienda della filiera produttiva dovrà replicare gli stessi processi decine di volte per clienti (brand) diversi. Il risultato? Costi, inefficienze, errori. Ci sono vari enti e consorzi, non da ultimo la Comunità Europea: tutti lavorano per definire identificatori comuni, strutture condivise. È qui che si gioca la vera interoperabilità.
Export. Le Pmi italiane possono usare il passaporto digitale per raccontare il Made in Italy nei mercati esteri. È un volano di fiducia e di valore.
Digital twin. Il passaporto digitale può diventare una vera estensione digitale del prodotto fisico, fino a svilupparsi in un gemello dinamico che evolve, si aggiorna, comunica. Un’entità che cresce con il prodotto e con la clientela che vi interagisce, estendendo il ciclo standard informativo – che oggi si ferma alla vendita – e arrivando a coprire fenomeni di mercato come il second hand e il rental, fino alla dismissione e al riciclo dei componenti stessi che lo compongono.
In definitiva, il Digital Product Passport non rappresenta semplicemente un nuovo obbligo normativo, ma piuttosto un’opportunità straordinaria per ridefinire completamente la cultura d’impresa, la produzione e il rapporto con il mercato. La prova, ora, è raccogliere la sfida per diventare veri pionieri della moda del futuro.
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